"Un'impresa criminosa che non trova precedenti nella pur lunga storia del banditismo sardo".

Così L'Unione Sarda tratteggiava poche ore dopo l'accaduto l'incredibile rapimento avvenuto a Dorgali, nella zona di "Su Cologone", l'11 ottobre di cinquant'anni fa.

La scena è la seguente: siamo in pieno giorno, sulla strada trafficata che da Nuoro conduce a Dorgali. Alle 15:30, all'altezza del bivio per Oliena, a circa sette chilometri dal centro abitato di Dorgali, un gruppo di banditi, tre uomini e una donna, blocca con i mitra spianati l'auto sulla quale viaggiano l'industriale Giuseppe Ticca, 64 anni, il suo amministratore Primo Sari, 60 anni.

Qualcosa però va storto, perché sopraggiunge un'altra auto: a bordo Riccardo Fancello, 22 anni, e la sorella Angela, di soli 17 anni. I banditi non hanno tempo di riflettere: rapiscono anche loro.

Bocconi sul suolo, per oltre un'ora, resta un pastore sardo, Giovanni Maria Fancello, trent'anni, arrivato sul posto con la sua moto. I carabinieri lo trovano così, paralizzato dal terrore.

Il sequestro si concluderà in poco più di un mese: liberati i tre ostaggi "casuali" già il 13 ottobre 1968, dopo 32 giorni torna a casa anche Ticca, spettinato, la barba lunga da giorni e sporco.

"È stato terribile - racconterà ai giornalisti - terrificante".

Il riscatto pagato ammonta a una cifra che si aggira intorno ai cento milioni di lire. "I milioni versati non hanno importanza - dirà il fratello Umberto, nella festa grande organizzata a Dorgali per il ritorno -. Adesso l'importante è riprendere il lavoro per recuperarli".

(Unioneonline/D)

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