Il 17 settembre 2009 un'autobomba esplode al passaggio di un convoglio italiano nella città di Kabul: è una strage. Nella deflagrazione sei italiani muoiono, quattro rimangono feriti. Tra le vittime c'è anche il parà della Folgore Matteo Mureddu, 26 anni di Solarussa.

L'agguato, nel quale perdono la vita anche quindici afghani (sessanta rimangono feriti), viene subito rivendicato dai talebani: è l'attentato più feroce contro gli italiani dopo Nassiriya.

Sono i massimi vertici dell'Esercito italiano a dare la notizia ai familiari: "Dovevano dirci che questa è una guerra, non una missione di pace", dirà la madre del soldato.

Matteo si sarebbe dovuto sposare a giugno, e sarebbe dovuto tornare in autunno per fare da padrino alla nipotina.

"Come se mio figlio fosse morto di nuovo", dirà il padre di Silvio Olla, il sottufficiale ucciso sei anni prima in Iraq.

La salma del parà sardo rientra in Italia due giorni dopo, insieme alle altre cinque bare. I funerali di Stato si svolgono lunedì 21 settembre nella basilica di San Paolo a Roma. Poi - il giorno dopo - il ritorno nel piccolo paese di Solarussa. Il feretro, sistemato nella sala consiliare, diventa meta di un silenzioso e commosso pellegrinaggio. Qui l'ultimo saluto dell'Isola a Matteo.

(Redazione Online/s.a.)

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