Il 24 agosto 1991 Michail Gorbaciov rassegnava le dimissioni da segretario del Pcus, il Partito comunista dell’Unione Sovietica.

Una decisione giunta al termine di quello che passerà alla storia come il Putsch di agosto e che avrà come esito la dissoluzione dell’Urss.

Quell’estate, Gorbaciov, che era anche capo di Stato, stava trascorrendo un periodo di vacanza in Crimea.

Il Muro di Berlino era caduto da due anni e Mosca aveva iniziato un percorso di profondo rinnovamento.

Le nazioni dell’Unione stavano per creare una comunità di Stati sovrani indipendenti, soppiantando dopo decenni il regime dei Soviet.

Contro il cambiamento epocale alcuni pezzi grossi della nomenklatura russa, come il capo del Kgb Vladimir Krjuckov, il primo ministro Valentin Pavlov e il vicepresidente Gennadij Janaev, provarono a prendere il potere, facendo sequestrare Gorbaciov, che la svolta stava guidando, nella sua dacia.

Ma il popolo - e l’esercito - non appoggiarono il colpo di Stato dei nostalgici. Risultato: il golpe fallì, Gorbaciov venne liberato e appena tornato al Cremlino lasciò l’incarico al Pcus.

Fu l'inizio della fine: pochi mesi dopo il Partito comunista venne addirittura messo al bando e i suoi beni confiscati. Quanto all'Unione Sovietica, venne dichiarata ufficialmente sciolta il 26 dicembre dello stesso 1991.

(Redazione Online/l.f.)

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