È il febbraio 1982 quando sui monti di Lula, nel nuorese, viene scoperto l'arsenale delle Brigate Rosse in Sardegna. Un covo che "i carabinieri cercavano incessantemente da quasi un mese", scrive L'Unione Sarda il giorno dopo il ritrovamento, dopo che il terrorista siciliano Antonio Savasta - pentito - ne aveva confessato l'esistenza senza però dare un'indicazione precisa.

Missili, bombe a mano, mitra e cartucce erano nascosti in una grotta nei pressi di Montalbo - tra le stalattiti e le stalagmiti - pronti per essere utilizzati nel pianificato assalto al supercarcere di Badu 'e Carros, a una trentina di chilometri.

Il ritrovamento è la quadratura del cerchio e conferma i sospetti: le Brigate Rosse avevano preso contatti con Barbagia Rossa, l'organizzazione di estrema sinistra sarda, per seminare il terrore anche nell'Isola, con sequestri di persona e blitz in grande stile nel carcere di Nuoro e dell'Asinara.

Dopo la confessione fiume di Antonio Savasta al maxi-processo di Cagliari, i vertici di Barbagia Rossa vengono catturati e l'organizzazione scompare. Non prima di aver versato il sangue di diversi terroristi, di innocenti come Nicolino Zidda - insegnante orunese ucciso per errore nel giugno 1981 - e di uomini dello Stato come il carabiniere Santo Lanzafame, assassinato in un agguato nell'agosto dello stesso anno.

Febbraio
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