Da alcuni anni, Manuel Mazzella, campione regionale di tennis in carica, ha scelto la Svizzera come base, dove ha intrapreso l'attività di coach. Lavora in una struttura privata a Balarna, nel Ticino, nello staff di coach Gonzalo Vitale.

Come si trova in Svizzera?

«Mi trovo molto bene. Lo testimonia il fatto che sono qui da un po' di anni. Sono felice, ho trovato una situazione molto buona, lavoro con uno staff competente».

Che differenze ci sono con la Sardegna, come lavoro e come rapporti umani?

«Da un punto di vista lavorativo non posso giudicare, perché in Sardegna ho solo giocato. Parlo con i miei colleghi e amici, ma non avendo provato in prima persona, non voglio dare un giudizio. Qui si vive bene, molto preciso, con un bacino di utenza superiore alla Sardegna. Come rapporti umani, non cambierei la Sardegna con niente al mondo. Il popolo sardo resta per me il migliore di tutti. Sono orgogliosamente sardo. Non potrei mai cambiare il nostro modo di porci, di relazionarci con gli altri. Qui sono un po' più freddi, un po' come in tutto il nord Italia. È una differenza che si nota. Comunque, anche qua in Ticino, quando diventi amico, diventano tutti supergentili».

Perché questa scelta? Com'è nata la collaborazione?

«La scelta è frutto del caso, del susseguirsi di eventi. Io giocavo ancora, ero fidanzato con una giocatrice che si allenava con Gonzalo (Georgia Brescia, ndr) e l'ho conosciuto. Poi da cosa nasce cosa. Ho continuato a giocare avendo questa base e poi piano piano ho iniziato. Mi sono trovato bene da subito e siamo andati avanti».

Ha lavorato con atlete che andranno a giocarsi l'accesso agli Australian Open (Conny Perrin e Ylena In-Albon, per esempio). Cosa può consigliare a chi vuole arrivare a quei livelli?

«Sì, ho lavorato con tenniste che hanno fatto già qualificazioni Slam: Brescia, che non si allena più con noi; Perrin lo stesso; mentre In Albon è con noi da tanti anni. La massima che mi ha insegnato Gonzalo dice: "Io non so come si fa ad arrivare Top100, ma so sicuramente come non si fa". Facendo un certo tipo di vita e un certo tipo di allenamenti, non si arriva. Non c'è una sola strada, sennò sarebbe troppo facile e leggendo un libro tutti sarebbero buoni allenatori. Bisogna seguire una strada coerente, avere fiducia nel proprio allenatore, che ti protegga e ti programmi nel modo giusto».

E la colonia tennistica sarda in Svizzera sta crescendo.

«Sì, da qualche mese si allena Alessia Manca, cagliaritana classe 2003, classificata 2.8 e tesserata per il Ct Decimomannu. Ci siamo conosciuti quest'estate, ai Campionati sardi, e ha deciso di fare questo passo, è venuta e si allena fissa qui».

Non le mancano le competizioni internazionali "dal campo"?

«Mi manca la competizione in generale. Mi piacerebbe fare qualche torneo in più. A volte ci penso. Ma arrivi a un momento in cui devi fare una scelta, sennò rischi di fare entrambe le cose male. Non ho rimpianti, anche se avrei potuto farlo meglio, ma non mi piacciono i "se". Sono felice, i miei genitori hanno fatto tutto per me. Ho preso questa strada e va bene così».

Come si trova dalla parte di "chi consiglia" e non da chi "gioca"?

«Mi trovo bene, perché a volte mi rivedo nei miei allievi e rivedo quello che sbagliavo, in allenamento e in partita. L'esperienza del campo mi aiuta, è una cosa sempre nuova, un lavoro diverso. Non è detto che un bravo giocatore sia anche un bravo allenatore. Vedi le cose da un'altra prospettiva. Cose delle quali magari ero convinto da giocatore, oggi capisco che magari erano sbagliate. È un'avventura stimolante, non si finisce mai di imparare. In ogni torneo, in ogni allenamento vedi qualcosa di diverso. Cose delle quali da giocatore non ti rendevi conto».

Questo nuovo modo di vedere le cose la aiuta anche quando è in campo a giocare gli Open?

«Mi aiuta sicuramente. Un'altra cosa che dice Gonzalo è "le orecchie più vicine a quello che dico sono le mie". Quindi, se do un consiglio, io sono il primo che l'ascolto. In campo mi dico: "Se in questa situazione dico ai miei ragazzi di fare così, devo farlo anch'io"».

Anche l'anno scorso, pur non facendo tanta attività agonistica, ha detto la sua nel panorama sardo.

«Ho vinto i Campionati sardi. I tornei a Olbia, Samassi e a casa mia, a Cala Gonone. Mi pare di aver vinto tutte le partite Open che ho giocato in Sardegna nel 2019. Mi diverto, la competizione "dentro" ce l'ho. Non voglio smettere, perché sento di poter dare ancora qualcosa e divertirmi. Ho un buon livello e continuo a vincere i tornei che gioco. In Sardegna mi trovo sempre bene, mi piace rientrare, ho sempre un grande stimolo. Se gioco, provo sempre a vincere e l'anno scorso è andata bene».

Obiettivi 2020, come tennista e come coach?

«Sono sempre stato uno che non fa proclami, vado a fari spenti. Come tennista, tenere il livello più alto possibile, fare più tornei possibili. Aiutare come sempre il Margine rosso per raggiungere la salvezza in B, l'anno scorso ce l'abbiamo fatta all'ultima spiaggia. Speriamo quest'anno di farcela prima, così il capitano Franco non soffre troppo. Come coach, gli obiettivi sono i soliti. In questi anni ci siamo presi grosse soddisfazioni, i ragazzi migliorano, si trovano bene, riusciamo a dare loro una nostra impronta e mi piace molto. Concretamente, l'obiettivo è sempre quello: fare passi in avanti e educarli alla vita dello sport. Il ranking è una conseguenza. Vogliamo formare uomini e donne, atleti, prima che vincitori o sconfitti (che per me è una parola brutta). Molti ragazzi sono troppo legati al risultato, ma se hai fiducia nel tuo allenatore e fai del tuo meglio, se non riesci a farcela hai vinto lo stesso, perché hai dato tutto. Alla prima sconfitta, molti si buttano giù. Noi cerchiamo di educarli allo sport e lo sport è anche sconfitta».
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