Rolando Maran non sarà Carlo Verdone, ma - incassando critiche soprattutto gratuite - è lì, fra le prime sei, sette della Serie A. Sì, anche difendendo con lo scudo termico, prendi palla e riparti, ma imponendo alla squadra di non sprecare mai nulla e soprattutto dando all'esterno l'impressione di una organizzazione esemplare. Sarebbe divertente entrare nella testa di chi contesta allenatore e squadra, per capire se ha avuto un'infanzia complessa, se a pallone non giocava mai, se non da solo. Perché è innegabile che il Cagliari sia la sorpresa del campionato, piaccia o no. A Roma, ieri pomeriggio, è andata in scena la rappresentazione del gruppo: cambiano i protagonisti, cambiano i loro ruoli e compiti in campo, eppure questa squadra non la batti facilmente. Ti punzecchia, ti tiene "alto", ti mette paura, e alla fine - dopo lo sbandamento iniziale - il Cagliari è talmente in alto da far sorridere, dove neanche Tommaso Giulini sognava potesse sistemarsi.

Dopo quel mercato da copertina, l'ondata di sfortuna e un inizio tremendo avrebbero abbattuto anche i più positivi. Invece questo allenatore così riservato, che continua a frequentare lo stesso salumiere di Quartucciu (porta bene) con lo stesso menu, ti incarta Napoli e Roma e nella stessa busta ci infila 7 punti in tre partite lontano da casa. La squadra lo segue, dai big ai ragazzini, e l'utilizzatore finale del prodotto, ovvero il tifoso, comincia a pensare in grande.

A proposito di tifo, lo spettacolo dato da una parte della stampa romana, ieri, fra radio e tv, è stato indecoroso. Contenetevi, è un gioco. Altrimenti, andate in curva.

Enrico Pilia
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