Kobe Bryant è il Pantani dei ciclisti. La Superga del calcio. La morte che presenta il conto a uno degli immortali. L'impossibile che diventa l'apertura di qualsiasi giornale del mondo. Dagli Emirati Arabi alla Cina. Il brivido sulla schiena di Federer, Jordan, Tiger Woods, le stelle mondiali dello sport che capiscono come sarà il loro funerale, la loro celebrazione quando la loro ora suonerà. Alle 9.06 am del 26 gennaio 2020, Bryant, sua figlia di tredici anni Gianna e altre sette persone decollano dal John Wayne Airport, nella Contea di Orange, a bordo di un elicottero Sikorsky S76 di proprietà di una società legata all'ex giocatore. Alle 11 è in programma la partita di GiGi, piccolo fenomeno locale non solo perché figlia di Kobe. Con loro, una compagna di squadra, suo padre John Altobelli, allenatore di baseball molto noto in California, e sua moglie. A bordo, anche un'altra coppia e la loro figlia, amica e coetanea di Gianna, ai comandi un esperto pilota di origine armena, l'unico di cui si fida ciecamente Bryant. Perché l'elicottero? Risposta semplice, se te la dà un atleta miliardario (in dollari), perfezionista e maniacale nel rigore del lavoro: è il modo più veloce per coprire i 35 chilometri che separano la residenza di Bryant dalla zona "sportiva" di Los Angeles, in questo caso la Mamba Sport Academy, sede degli allenamenti e delle partite della squadra della figlia. Senza dover passare, in auto, almeno un'ora e mezza prigionieri del traffico. L'elicottero, costruito nel 1991 e revisionato nel 2005, non dispone del sistema di avviso sonoro in caso di avvicinamento a un ostacolo. Si alza in volo nonostante il cattivo tempo e la nebbia fitta. Condizioni meteo che obbligano gli elicotteri "pubblici" (la polizia locale e il servizio di monitoraggio del traffico) a restare a terra. Mentre Ara Zobayan, il pilota, chiede e ottiene l'autorizzazione a volare ma "a vista", seguendo cioè le indicazioni dei controllori di volo raffrontate a quanto si può osservare dalla plancia dei comandi. La rivelazione del New York Times, di venerdì 31, è sconcertante: la compagnia Island Express - proprietaria del velivolo - non possiede la certificazione per volare in caso di nebbia, ma solo per il volo visivo, scenario opposto a quello che ha voluto affrontare Zobayan per recapitare i preziosi passeggeri in città. Dopo una serie breve e senza alcuna tensione di messaggi fra Zobayan e le diverse torri di controllo della zona, l'elicottero si disintegra su una collina a Calabasas, il fronte opposto a Hollywood, alle 9:47 circa, prendendo fuoco. I vigili del fuoco della contea di Los Angeles arrivano nella zona impervia non senza difficoltà e domano le fiamme intorno alle 10,45. Confermando, davanti a uno spettacolo raccapricciante, la morte di tutti i passeggeri. Sempre dal NYT, un'altra tremenda verità: l'elicottero era a 9 metri dallo scollinamento, dal superare il costone dove si è andato a schiantare. La tragedia è immane e se ne capisce la portata solo oggi, a distanza di diversi giorni, per la straordinaria catena di dolore e impressione che la morte così violenta di Koby, e anche di sua figlia tredicenne, ha suscitato in tutto il mondo. Dovunque si recasse Bryant - cresciuto in Italia e innamorato del nostro paese - la vita si fermava. Aveva la capacità di catalizzare l'attenzione, di fare opinione, di dettare i tempi e i modi, un fenomeno predestinato, influencer planetario in campo e fuori. Il più grande giocatore della squadra di basket più famosa e amata al mondo, i Los Angeles Lakers, straziati nel cuore da un incidente sicuramente evitabile e da un destino questa volta duro, durissimo, un colpo di fucile contro una teca dorata. Bryant è stato i Lakers e sempre lui, il destino, ha voluto che due sere prima di quel maledetto decollo, la star più acclamata dei Lakers di oggi, LeBron James, avesse superato nei punti realizzati proprio Bryant, presente a bordo campo e il primo a complimentarsi con LBJ per un'impresa che sembrava impossibile. Nella notte fra venerdì 31 e sabato primo febbraio, con lo Staples Center riaperto - la casa dei Lakers - la rima, vera, toccante commemorazione di KB, struggente perché vera, con James stravolto ma molto bravo a tenere la scena e ricordare l'amico campione. Gli Stati Uniti piangono il loro campione, senza alcun dubbio una delle figure più note, apprezzate ma anche discusse della storia dello sport americano. Il resto del mondo assiste a questo funerale che durerà dei mesi, un rito collettivo di lacrime e ricordi, di magliette e peluche, di foto e immagini televisive, che mai si era visto di questa portata. Il basket è uno sport di squadra, si gioca in cinque ma lui, che potrebbe diventare il simbolo della "nuova" NBA, questo sport sapeva giocarlo molto bene da solista, come pochissimi sono riusciti a fare, peraltro portando in California cinque titoli, cinque anelli, privilegio concesso a chi vince il campionato americano dei professionisti. Addio Kobe, la tua meravigliosa famiglia ha perso due pezzi di cuore, sarà impossibile dimenticare cosa sei stato.
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