Lo hanno dato per finito tante volte. Quando, dopo l'ultimo gong, sono scesi dal ring i campioni più celebrati, quelli che ne hanno fatto la storia, sul pugilato sardo in tanti hanno intonato il de profundis. Ma ogni volta, facendo appello al vecchio fascino della boxe, alla sua capacità di richiamo tra i giovani, e sempre più spesso anche tra le donne, la disciplina che ha saputo regalare allo sport sardo due campioni del mondo come Tore Burroni e Franco Udella, campioni d'Europa del calibro di Piero Rollo e Fortunato Manca, Tonino Puddu, Marco Scano e, più di recente, Simone Maludrottu, è stata capace di rialzarsi e andare avanti.

Certo, i tempi in cui la boxe in Sardegna era capace di riempire l'Amsicora (con l'organizzazione di Antonino Picciau) relegando in seconda fila perfino il Cagliari, appartengono a un'altra era. Oggi non ci sono campioni di quel livello, le palestre sono affollate soprattutto di amatori, organizzare gli eventi è diventato difficilissimo (soprattutto dopo l'addio del più grande di tutti degli ultimi venticinque anni, Tonino Puddu che ha detto basta dopo l'ultimo europeo di Andrea Sarritzu a Tortolì, nel 2013) e la concorrenza di altre discipline che nel frattempo si sono affermate, vedi il basket, non lascia molto spazio.

Eppure, a dispetto di tutto questo, "il pugilato sardo non è in crisi, conosce delle difficoltà ma è vivo, è in ottimo stato di salute e i numeri lo confermano", afferma Gianfranco Pala, presidente del comitato regionale della Federboxe. "Nell'ultimo anno, per esempio, la boxe in Sardegna è cresciuta moltissimo", aggiunge; più del 30%. E la Sardegna è la regione che in rapporto al numero di abitanti registra il primato in Italia tra affiliati, amatori e attività giovanile. Nonostante le accuse di chi lo ritiene ancora, sbagliando, uno sport violento, le borse sempre più magre e crescenti limiti organizzativi, "l'entusiasmo è sempre quello di un tempo", spiega Pala.

E il numero di coloro che frequentano le palestre da alcuni anni ha ripreso costantemente a crescere. Naturalmente non tutti gli "aspiranti" resistono e arrivano alla meta. Alcuni si arrendono prima, chi per mancanza di mezzi tecnici, chi per limiti fisici, chi per scarsa attitudine al sacrificio che il lavoro in palestra comporta. "Duecentoquarantuno agonisti però", erano 238 nel 2018, "sono tanti", dice ancora Gianfranco Pala, "e questa è una cifra che le molti ci invidiano".

I NUMERI - Nell'Isola sono 42 le palestre affiliate, ci sono, come detto quasi 250 agonisti che fanno dilettantismo, 7 professionisti in attività, e ben 829 amatori (erano 512 lo scorso anno), cioè coloro che frequentano le palestre perché amano la disciplina pugilistica ma non combattono. "Numeri che testimoniano l'ottimo stato di salute del movimento", sottolinea ancora Pala. A dispetto degli anni e delle mode, la Sardegna pugilistica, dunque, è ancora tra le regioni capofila della boxe in campo nazionale. Società, maestri e tradizione a parte, è sulla "popolazione" con casco e guantoni, quella che sale sul ring e combatte nei vari tornei, che la Sardegna ogni anno punta le proprie possibilità di affermazione in campo nazionale e internazionale.

Titoli e medaglie continuano ad arricchire l'albo d'oro, negli ultimi anni la Sardegna ha brillato soprattutto grazie ai pugni di quel talento del ring che risponde al nome di Manuel Cappai, il mosca di Quartu Sant'Elena (allenato da papà Fabrizio) capace di conquistare il pass per le Olimpiadi di Londra (2012) e Rio (2016) e una delle frecce della Nazionale Elite per i Giochi di Tokyo 2020. Ma il quartese, inoltre, è sempre tra i protagonisti alle varie edizioni dei campionati del mondo, capace di arrivare tra i primi 8 nell'edizione di Kazan (nel 2015) e di Amburgo (2017), e oggi tra i primi 5 pesi mosca del mondo. Negli ultimi quattro anni, è esploso anche il mosca di Porto Torres Federico Serra (allenato da Domenico Mura), capace di conquistare tre titoli italiani Elite (proprio come Cappai), una medaglia di bronzo ai campionati dell'unione europea (stesso risultato del quartese) e diverse partecipazioni ai campionati europei e mondiali.

I PUGILI - Anche in campo nazionale, brillano i Quattro Mori. "Ai prossimi campionati italiani Elite", in programma dal 10 al 15 dicembre a Roma, "abbiamo grandi possibilità con Jonathan Rubino, Daniele Oggiano, Sergio Pranteddu, Matteo Ara, Federico Zito e Gianmario Serra", fratello di Federico e due volte campione italiano tra minimosca spiega ancora Pala. "Ma abbiamo fatto bene anche a livello giovanile, con le medaglie di Andrea Piredda e Roberto Filippino conquistate ai campionati italiani Elite seconda serie".

Le note più dolenti, invece, suonano con i professionisti: dopo l'addio al ring di Salvatore Erittu, che ha lasciato dopo aver difeso il titolo italiano dei pesi massimi leggeri, da anni la Sardegna punta soprattutto sul supermedio di Nuoro Alessandro Goddi. Campione italiano, campione Intercontinental della prestigiosa sigla Wbc, il nuorese viene da due anni e mezzo difficilissimi segnati dalle due sconfitte nell'europeo (prima contro Blandamura, poi quella più dura contro il polacco Szeremeta) e, ultimamente, dalla sconfitta contro l'italoamericano Denis Scardina (fidanzato di Diletta Leotta) con il titolo dei supermedi Ibf in palio. In mezzo, la brillante conquista a Montecarlo del titolo Continental contro il francese Andrew Francilette. Da poche settimane è diventato papà e oggi si allena per un rientro in grande stile. Tra i professionisti, menzione speciale anche per Matteo Lecca, supergallo, e Cristian Zara, peso mosca, "due autentici talenti del ring sui quali vale la pena scommettere", dice Pala.

Oltre ai colpi degli avversari, i pugili - non solo quelli sardi - devono schivare le bordate di un nemico invisibile, per questo più pericoloso: la delusione, l'amarezza che spesso stempera l'entusiasmo quando si fanno i conti con la dura realtà del ring. Tutti questi giovani, arrivati a un certo punto devono contemperare l'impegno in palestra, che diventa più intenso quando si entra nel giro della nazionale, con la sicurezza economica che soltanto un lavoro può dare. E quando trovano un impiego, per forza di cose sono costretti ad allentare il lavoro in palestra. Senza un lavoro, infatti, con borse ridotte all'osso, molti talenti della boxe sarda pian piano si smarriscono, colti da un senso di tradimento. C'è chi abbandona il ring senza rimpianti, altri, ormai privi di stimoli, spariscono nell'anonimato di uno sport che non sempre, a chi non ha le stimmate del campione, dà quel che promette.

"Esiste anche un problema di strutture", dice ancora Pala. "Il palazzetto di Monte Mixi di Cagliari, per esempio, non è adatto alle nostre esigenze. Ha un'agibilità solo per 99 spettatori, costi enormi, e questo non permette di organizzare riunioni a livello dilettantistico con continuità. Servirebbe, invece, una struttura fissa", con un ring sempre disponibile per evitare ogni volta di pagare 800 euro per montarlo e smontarlo, "in grado di ospitare 5-600 persone. A Cagliari esiste il PalaRockefeller che spesso è occupato ma non sarebbe neanche adatto alle riunioni minori". A dicembre, prima di Natale, si svolgeranno due riunioni: il 20 a Elmas, con solo pugili dilettanti protagonisti, e il 21 a Sarroch, con un professionista.
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