Il 31 luglio è uscito per la Impulse il nuovo disco di Thelonious Monk.

Un inedito live, datato 27 ottobre 1968, un gran bel regalo per gli appassionati di questo Genius of the modern music, come è stato ribattezzato. La storia del disco é all'altezza dell'aura di leggenda che ammanta il protagonista. Monk e i suoi musicisti si esibirono in una scuola di Palo Alto, in California, accettando l'invito di uno studente, aspirante produttore discografico. L'America in quei giorni ribolliva di rabbia, Martin Luther King era stato assassinato, i neri combattevano per i diritti civili, il free jazz dominava la scena, sulle strade marciavano le Black Panter. Monk era una celebrità immortalata sulla copertina di Time. Un autentico king, sebbene lo chiamassero priest of be bop, giocando sul suo cognome (monaco). Un bidello dell'istituto superiore ebbe l'intuizione di registrare il set, 47 minuti.

Come da copione il nastro andò perduto, per poi essere ritrovato, 52 anni dopo. Il risultato è al di sopra di qualsiasi aspettativa. Monk sul palco a volte era generoso, altre meno. Tuttavia in questo caso i brani hanno un'energia che non perde intensitá. L'interazione con gli altri interpreti (Charlie Rouse al sax tenore, Larry Gales al contrabbasso e Ben Riley alla batteria): perfetta, perfino i suoni meno rarefatti che in altre registrazioni. Il figlio del maestro T. S. Monk, batterista, ha dichiarato. «Quella performance è una delle migliori registrazioni dal vivo di Thelonious che io abbia mai sentito. Non avevo neanche idea che mio padre si fosse esibito in una scuola, ma lui e il suo quartetto lo hanno fatto. Quando ho ascoltato il nastro a prima volta, già dalle prime note ho capito che mio padre quel giorno era in gran forma».

Il protagonista dell'esordio postumo di Monk è il giovane studente delle superiori Danny Scher, appassionato di jazz con il pallino di diventare un organizzatore di concerti (sognò che realizzò). «Ho sempre pensato che la musica fosse in grado di sospendere i problemi, o a costringere le divergenze (fossero di natura politica o sociale) a confrontarsi. Il 27 ottobre 1968 ci fu una tregua fra Palo Alto e East Palo Alto. E questo è quello che la musica è in grado di fare».

Nel 1968, Thelonious Monk era al top della fama e il suo quartetto al meglio della forma, ma aveva già imboccato la parabola discendente. Grossi problemi di salute associati a problemi finanziari. Per lui ogni ingaggio era buono per navigare a vista.I biografi, raccontano bene quel periodo. Monk ricevette la chiamata nel mezzo di un ingaggio di tre settimane al Jazz Workshop di San Francisco e accettò. E così il 27 ottobre 1968, Thelonious Monk e il suo quartetto raggiunsero l'auditorium della Palo Alto High School e fecero un set di 47 minuti, più "misterioso" e grandioso del solito. In scaletta la leggendaria "Ruby, My Dear" e poi "Well, You Needn't" lo standard di Jimmy McHugh "Don't Blame Me" , la straniante "Blue Monk" e il classico "Epistropy". Thelonious Sphere Monk è morto il 17 febbraio 1982, a 65 anni. Era nato ad Harlem. Per i jazzisti degli anni '40 l'arrivo nella metropoli rappresenta il salto di qualità. Monk c'è cresciuto ad Harlem, nel ventre jazz della Mela. Qui c'è il Minton's club, qui passa il meglio del meglio: le orchestre di Ellington, Basie, Calloway.

Di lui si conoscono 72 composizioni originali e una mai registrata, "52nd Street Theme", la strada dove nacque il jazz. Non trascurò mai di esprimersi a monosillabi. Ma per lui parlava il pianoforte. O taceva del tutto, come durante l'assolo di Miles Davis in "Bag's groove". In realtà Monk non suona, scolpisce. Musica inquieta, struggente, lunare. «Un architetto musicale del miglior livello», disse di lui John Coltrane.

«Si accosta al piano come da un angolo, ed è l'angolo giusto», dirà Bill Evans. Il miglior modo per conoscerlo è il documentario "Straight, no chaser" di Charlotte Zwerin (1988). Laurent De Wilde, nel libro "Thelonious Monk Himself" (Minimum fax, 1999) scrive: «Nessuno quanto Monk fa sentire l'equilibrio con così tanto peso. Ad ogni istante sembra voler modificare le leggi della gravitazione universale. Una specie, se posso dire, di danzità».
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