Il vento, signore e padrone del festival di Tavolara, anche questa volta si è voluto fare sentire nell'anteprima in streaming di una trentesima edizione che sicuramente non potrà prevedere barconi affollati e assalti all'isola. Era il 1991 quando Margherita Buy, Sergio Rubini e Fabrizio Bentivoglio, alfieri di quello che allora si definiva il giovane cinema italiano, ancora alla ricerca di una propria identità, inauguravano la prima edizione di "Una notte in Italia" audace scommessa di un gruppo di operatori culturali.

E audace è stata anche la diretta Facebook dall'isola domenica 24 maggio per l'iniziativa "Cinema da casa" in collaborazione con Sardegna Film Commission, Alice nella città, l'Area Marina Protetta di Tavolara e Le isole del cinema con la proiezione dei corti "Eccomi" (Flamingos) di Sergio Falchi e "Sonus" di Andrea Mura insieme ai saluti degli organizzatori e della direttrice artistica Piera Detassis. Proiezione sul muro della casetta diroccata, che ormai è un marchio del festival, e audio dominato dal vento, ma il fascino dell'isola, ancora più incontaminata e irraggiungibile nel lockdown, è intatto ed è l'ingrediente fondamentale dell'evento più antimondano dell'estate gallurese. Per questi trent'anni il regista Peter Marcias ha firmato lo spot Tavolara Mon Amour: "La mia lettera d'amore e d'affetto, - ha spiegato - al festival più curioso del mondo".

Ma per quest'anno ancora si naviga nell'incertezza. "Stiamo aspettando che siano ben definite le regole per cinema e teatro - spiega il padre della manifestazione Marco Navone - e noi, almeno per la parte che si tiene sull'isola, abbiamo il problema supplementare del trasporto sulle barche. Quindi stiamo ancora valutando cosa si potrà fare esattamente. Certamente però avremo una bella mostra fotografica su Fellini".

FESTIVAL E AMBIENTE Quando il festival è nato, Tavolara non era ancora Area marina protetta (sarà istituita nel 1997) ma l'idea di base, rivoluzionaria per l'epoca, era quella di unire la tutela e valorizzazione ambientale a un evento culturale. "Per me e mio fratello Augusto, allora giovane e senza portafoglio delegato alla Cultura del Comune di Olbia tutto iniziò con l'idea di dare uno spettacolo sulla nostra isola, a Tavolara, e si pensò a un concerto di musica sinfonica in mezzo al mare - ha ricordato Marco Navone - ma fu impossibile e così ripiegammo sul cinema". Oggi Augusto Navone è direttore dell'Area marina protetta e l'ambiente incontaminato dell'isola continua ad essere l'ingrediente base della rassegna. "Chi ha pensato e messo in atto l'organizzazione del festival - racconta nel volume dei vent'anni di Una Notte in Italia - ha fatto proprie parole come sostenibilità, bio-compatibilità e sviluppo sostenibile ancor prima che entrassero nel lessico degli amministratori del XXI secolo. Ed è stata questa la nostra piccola rivoluzione, oggi diventata parte integrante degli eventi culturali del panorama regionale e nazionale".

LASTORIA La prima edizione nasce così in maniera artigianale con un progetto in collaborazione tra i fratelli Navone e il nucleo sassarese costituito da Antonello Grimaldi (che resterà per molti anni nello staff organizzativo), Sante Maurizi e Franco Ferrandu che in quegli anni lavoravano a una rassegna di cinema itinerante. Film in programma "La stazione" e "Italia Germania 4-3". Ospiti Margherita Buy, Sergio Rubini e Fabrizio Bentivoglio . "Tre ragazzi, belli, giovani, sorridenti scherzano, fanno il bagno, si prendono in giro. Poi uno di loro tira fuori un libretto - mi pare Dostoevskij - e dice leggiamo un po' - ricorda ancora Marco Navone - Così seduti in cerchio, a turno, si passano il testo, per uno spettacolo ancora più inatteso in quello scenario tanto unico e selvaggio". L'anno successivo arriverà Piera Detassis che poi diventerà la direttrice artistica della rassegna oltre che direttrice di Ciak e presidente dell'Accademia David di Donatello. In sostanza una delle donne più potenti del cinema italiano.

E "Una Notte in Italia" nei primi anni Novanta diventa grande all'improvviso con la serata dedicata a Gabriele Salvatores nell'anno dell'Oscar e la partita di Mediterraneo giocata in spiaggia, l'approdo del produttore Domenico Procacci con le sue immancabili scalate alla cima di Punta Cannone, la tradizione della zuppa di pesce a Molara che resisterà finchè gli ospiti saranno troppi e il piccolo festival sarà scoperto dai paparazzi in servizio permanente nella vicina Costa Smeralda. Nel 2000 il primo grande bagno di folla è per Luciano Ligabue che presenta il suo Radiofreccia ma è l'anno successivo che vede la consacrazione, anche mediatica, con l'assegnazione del Ciak d'oro a Nanni Moretti per "La stanza del figlio" (dopo il trionfo a Cannes) e la contemporanea presenza nell'isola con Gabriele Muccino. Negli anni il parterre diventa sempre più nutrito e quasi tutti i grandi nomi del cinema italiano, registi, attrici e attori, passano per l'isola mentre si allargano le località coinvolte nella manifestazione e le proposte: la fotografia, i dibattiti in piazza, i libri. Si alternano anche i presentatori, Neri Marcorè lascerà il posto a Geppi Cucciari, e anche la cinematografia sarda avrà un suo spazio fisso. Nasce il circuito delle Isole del cinema (con i festival di La Maddalena, L'Asinara e Carloforte) e il modello mare e grande schermo è ormai un brand identitario dell'estate sarda.

In trent'anni molto è cambiato ma non la ricetta originale. L'atmosfera informale, le traversate in barca sotto le stelle, il fascino dello schermo in un'isola piantata in mezzo al mare sono sempre là a conquistare protagonisti e spettatori. E se quest'anno non si potrà sbarcare a Tavolara, sarà più forte il desiderio di tornare.
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