Esprimere e comprendere le proprie e altrui emozioni, raccontare storie fantasiose e esperienze di vita, attraverso un momento di profonda condivisione e di socializzazione. Un'occasione importante per i dieci ragazzi coinvolti in un laboratorio di teatro sociale, dal titolo "Venere. Mamas, fizas, isposas", nato da un progetto riabilitativo del Centro Salute Mentale di Macomer e finanziato dal Centro servizi culturali.

Ieri sera lo spettacolo finale nel teatro della Unla gremito di gente. Sul palco gli attori provetti, guidati dal regista Antonio Dettori (consulenza scientifica Salvatore Cottu, Adele Manai e Simonetta Masala, suono e luci di Giovanni Fraoni), con le loro emozioni, parole e canzoni.

"Siamo felici - dice Giancarlo Zoccheddu, direttore di Unla - di avere ospitato per 3 mesi un laboratorio formativo così coinvolgente per noi del Centro, per i nostri utenti e per i ragazzi interessati al progetto. Una grande occasione di scambio reciproco, crescita e interazione".

Il teatro come terapia dunque. "Durante gli esercizi e le improvvisazioni - spiega Antonio Dettori, tecnico di arteterapia - è emersa la necessità di raccontare la figura femminile di madre, figlia e donna, la sua solitudine e il rapporto con la società e la vita quotidiana. L'obiettivo del teatro sociale non è sempre la messa in scena, quanto il percorso di un attore alla ricerca di alcuni aspetti di se stesso, del rapporto con gli altri, della relazione, dell'apertura alla comunicazione e alla conoscenza di altre esperienze".

Un percorso che rafforza anche il senso di appartenenza. "Raccontare la propria storia e intrecciarla con quella degli altri - dice Salvatore Cottu, psicologo del CSM - dà vita a un percorso ricco di significato che ci rende parte integrante della comunità".
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