"Quando il soldato vietcong mi puntò il fucile in faccia, pensai: adesso è davvero finita". Era il 1968 e la carneficina della guerra del Vietnam non conosceva sosta. Dieci anni dopo, anche la tenerezza dei bambini di Carbonia e del Sulcis ai quali lei insegnava musica nel centro artistico "Le Muse", contribuì a rendere meno angosciante il ricordo di quella che sulla carta sarebbe dovuta essere una tournée in Estremo oriente e nel Sudest asiatico, e che invece divenne indimenticabile per un altro motivo: tre mesi trascorsi guardando la morte in faccia.

Dopo tanto tempo Daniela Santerini, una delle protagoniste del film "Arrivederci Saigon", ritorna domani nella "sua" Carbonia (alle 21, Grande miniera di Serbariu, ingresso gratuito), dove insegnò musica in un centro artistico sino al 1989.

L'appuntamento è inserito da Fabbrica del Cinema, società Umanitaria, Arci, Ucca e Casa del Popolo nella rassegna in corso "L'Italia che non si vede".

Un'altra immagine del film di Wilma Labate (Ansa)
Un'altra immagine del film di Wilma Labate (Ansa)
Un'altra immagine del film di Wilma Labate (Ansa)

Nel film di Wilma Labate l'incredibile storia di cinque ragazze figlie della Toscana rossa, "Le Stars", una delle prime band al femminile. Armate solo di strumenti musicali, firmarono (forse troppo frettolosamente per colpa di un impresario maldestro) un contratto che le proiettò non nel favoloso Oriente o ai margini della guerra, ma nel cuore stesso di uno dei conflitti che hanno segnato la cultura e la società del '900. Trascorsero tre mesi tra marines, basi ed avamposti sperduti nella giungla indocinese. Arruolate per cantare il pop e il soul di Aretha Franklin e Nina Simone e catapultate, invece, fra file di bare, gli echi del napalm e l'orrore catturato negli sguardi di tantissimi soldati loro coetanei.

"Sguardi - confessa Daniela Santerini - che non ho mai dimenticato, un'esperienza dura che ho cominciato a far emergere quando mia madre iniziò a battere a macchina alcuni passaggi e mi sono ritrovata a piangere e a pensare: oh mio Dio, cosa ho fatto".

La regista Wilma Labate (Ansa)
La regista Wilma Labate (Ansa)
La regista Wilma Labate (Ansa)

L'esclamazione è anche diventata titolo del libro "Choi-oi", in vietnamita "mio Dio ", implorazione che ritorna nella memoria di Daniela: "Era il lamento di un vietcong che avevo visto in un ospedale da campo, ma non era la prima volta che vedevo un soldato contro cui combattevano gli americani perché non potrò mai scordare il giorno in cui, a un posto di blocco, uno mi puntò il fucile: ebbi la sensazione che fosse finita". Invece Daniela Santerini, organista, la cantante Rossella Canaccini, le musiciste Viviana Tocchella e Franca Deni (la quinta componente non ha partecipato a questo viaggio nel ricordo), uscirono indenni da quell'episodio. Ma non avrebbero mai dimenticato.

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