"Un borghese piccolo piccolo", diretto da Fabrizio Coniglio, da una settimana al Franco Parenti di Milano dopo più di un anno di apprezzata tournée, sarà ancora in scena fino al 20.

A curare la riscrittura teatrale del testo di Vincenzo Cerami è stato lo stesso Coniglio, attore poliedrico diplomatosi nel 1999 alla Scuola dello Stabile di Genova e dal 2013 attivo anche come regista e drammaturgo.

Giovanni Vivaldi (un credibilissimo Massimo Dapporto, dalla recitazione intensa e ricca di sfumature) è un uomo comune che anela ad aiutare il figlio Mario, appena divenuto ragioniere, a trovare un posto nello stesso ministero dove lui presta servizio: "Trent’anni di sudore pagato quattro soldi".

Giovanni è disposto a tutto pur di sistemare Mario (Matteo Francomano, personaggio azzeccato, anche se leggermente macchiettistico), e dopo aver chiesto aiuto al capoufficio Spaziani (un bravissimo Roberto D’Alessandro, in grado di rappresentare grottescamente il viscidume della burocrazia e della politica italiane) decide di usare la disperata scorciatoia della Massoneria.

Del resto, come riflette Fabrizio Coniglio, "il nostro è un Paese che ha sempre prediletto la Massoneria alla Democrazia, la giustizia Fai-Da-Te alla Legge. Noi spesso indichiamo la corruzione come qualcosa che non abbiamo voluto, e invece l’abbiamo fortemente cercata, come Giovanni Vivaldi, fin dentro le nostre cucine, con il nostro sfrontato individualismo".

La scena di Gaspare De Pascali disegna nella sua geometria claustrofobica l’ineluttabile destino di Giovanni, Mario e di sua moglie Amelia (Susanna Marcomeni, splendida sia nei tratti comici che in quelli più drammatici del suo personaggio): le speranze e i sogni della piccola baracca sullo stagno, immobile sulla sinistra della scena, diverranno il rancore e la vendetta di un uomo comune distrutto dall’inaspettato assassinio del figlio. La piccola cucina arredata al centro del palco accoglie l’intero scorrere di una vita mediocre, rassicurante e soffocante al contempo, e sulla destra della scena il disordinato e untuoso ufficio di Spaziani, dottor Balanzone dei tempi moderni, si fa simbolo di un’Italia sudicia e tronfia.

Non appena poi Giovanni e Mario metteranno piede fuori dalla loro casa (e fuori dal palcoscenico, per camminare tra le file delle poltrone in platea) ecco che il Fato si scaglierà tragico contro di loro.

"Giovanni crede di avere il controllo della sua vita, ma si trova a fare i conti con qualcosa di più grande di lui", dice Coniglio. Ed è questa "normalità" che ci fa provare pietà verso Giovanni Vivaldi persino sul finale, quando tortura e uccide l’assassino del figlio, seppellendolo dietro alla baracca sullo stagno (incisivo nel breve ruolo dell’assassino il giovane Federico Rubino). Il regista sottolinea: "La fine dell’adattamento teatrale è diversa da quella del film di Monicelli, nel quale si esaltano maggiormente i tratti da serial killer del protagonista, un drammatico e crudele Alberto Sordi".

Le musiche originali di Nicola Piovani, collega e amico di lunghissima data del defunto Cerami (insieme, tra le altre cose, i due lavorarono a "La vita è bella" rispettivamente come compositore e co-sceneggiatore del film) donano un contrappunto ora grottesco, ora drammatico all’intero spettacolo.

"Lavorare con Piovani è stato un grandissimo regalo per me. Nicola e Vincenzo avevano fantasticato più volte su uno spettacolo teatrale tratto dal libro e il tema musicale principale era già nato da tempo. La guida di Piovani è stata inoltre fondamentale anche nel processo di riscrittura del copione, in quanto lui stesso mi ha aiutato a snellirne alcune parti".

Fabrizio Coniglio da parte sua ha curato una regia brillante e arguta, certamente apprezzata dal pubblico milanese, che ha applaudito caldamente l’intero cast.

Dopo aver ospitato in passato dei lavori del regista in Sardegna (tra i quali "Un ladro in casa" con Bebo Storti e Stefano Masciarelli), ci si augura dunque di poter vedere in scena prossimamente nei palcoscenici dell’Isola "Un borghese piccolo piccolo".

"La Sardegna è la mia seconda terra - conclude peraltro Coniglio - frequento l’Ogliastra da quando sono piccolo, complici alcuni amici dei miei genitori che ci hanno fatto innamorare della zona".

Roberta Crivelli

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