Avicii, al secolo Tim Bergling, voleva pace e non poteva più andare avanti.

Lo scrive in una lettera la famiglia del dj scomparso lo scorso 20 aprile in Oman, a 28 anni, gettando nuove ombre sul caso e riaccendendo il sospetto del suicidio.

"Tim - si legge nella lettera aperta - non era fatto per la macchina del business in cui si è trovato dentro; era un ragazzo sensibile che amava i suoi fan ma evitava i riflettori. Quando ha interrotto il tour voleva trovare un equilibrio nella vita per essere felice e poter fare ciò che amava di più, la musica".

"Il nostro amato Tim era un'anima artistica fragile che cercava risposte a domande esistenziali. Un perfezionista dai risultati eccellenti che ha viaggiato e lavorato duro a un ritmo che lo ha portato a uno stress eccessivo", conclude la lettera.

Secondo la polizia dell'Oman, dove Bergling si trovava in vacanza con amici, non si tratta di un caso di "morte sospetta" ma le circostanze resteranno confidenziali su richiesta della famiglia.

L'artista non aveva fatto segreto dei suoi problemi di salute, fra cui la pancreatite, in parte causata dall'uso eccessivo di alcol.

(Unioneonline/D)

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