Ritrarre la festa di Sant'Antonio Abate a Mamoiada e con gli scatti allestire una mostra personale. È il progetto di Alessandro Vargiu, fotografo torinese di origine sarda arrivato appositamente nell'Isola per seguire uno degli appuntamenti più famosi della Barbagia.

La sua specialità sono in realtà eventi di altro tipo (matrimoni, fiere, saloni internazionali), ma il "richiamo del sangue" non ha mancato di farsi sentire.

Nato a Chivasso (Torino) 39 anni fa da genitori emigrati negli anni Sessanta da Terralba, per molto tempo non ha avuto un buon rapporto con le sue origini isolane: "La Sardegna apparteneva ai miei genitori e, forse per trovare la mia identità, l'ho lasciata in disparte alla ricerca di altro. La fotografia è stata proprio lo strumento per 'ritornare' a sentirla anche parte della mia vita".

Cosa cerca nel suo viaggio?

"Mamoiada è una delle tappe per creare una mostra o anche un libro in cui ripercorrere le tante zone dell'Isola che meritano di essere conosciute. Ho fotografato la Sartiglia, la festa di Sant'Efisio, ma anche i pescatori dell'Oristanese, ciò che per me è più 'autentico'. Ora ho rivolto lo sguardo verso la Barbagia. Sono molto attratto dalle feste popolari, un'occasione per le comunità di riunirsi e di rivivere insieme le proprie origini".

Come si chiamerà la mostra?

"Oltre il mare. Che ha un doppio significato: oltre il mare della penisola c'è la Sardegna, e oltre il mare, in Sardegna, c'è molto altro".

Ma lo ha scoperto 'da grande'.

"Ho vissuto quella fase adolescenziale e post-adolescenziale in cui tutto ciò che è famiglia viene quasi respinto e si va alla ricerca di una propria identità. Anche se chiamarsi Vargiu a Torino richiama chiaramente la terra dei miei genitori. Eppure mentre in Piemonte sono 'il sardo', in Sardegna sono 'il piemontese'. Sembra che non hai radici. Oppure le hai in entrambi i luoghi, dipende dai punti di vista".

Poi cos'è cambiato?

"Ho viaggiato molto, ho fotografato tanti posti. E alla fine ho cominciato a sentire una sorta di mancanza, volevo coniugare la mia identità con il passato. Ho capito che le mie origini non meritavano di essere accantonate".

E la fotografia?

"È sempre stata una passione fin da quando avevo 20 anni. Ho frequentato prima un corso, poi è diventato un vero e proprio lavoro con la partecipazione a mostre, lavori pubblicati su varie riviste, anche sul National Geographic. Mi occupo principalmente di eventi, cerimonie, fiere".

La macchina fotografica è solo uno strumento?

"Molto di più. Mi permette di vivere più intensamente le cose, perché le vedo da vicino".

A Mamoiada perché?

"Me ne hanno parlato molto, soprattutto della festa di Sant'Antonio Abate. Ma non mi concentrerò solo sui mamuthones e sulle maschere, è pieno il mondo di scatti simili. Vorrei trovare qualcosa di speciale, qualcosa che faccia emergere il valore della tradizione".

Sabrina Schiesaro

(Unioneonline)
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