Si parla sempre meno di tossicodipendenze ma il numero dei consumatori di droga, sia in Sardegna che nel resto d’Italia non arretra, anzi. Come mai?

Lo abbiamo chiesto a Federica Falgio, psicologa e psicoterapeuta, che svolge un ruolo di coordinamento come responsabile dell’area educativa a Casa Emmaus, alle porte di Iglesias, comunità di recupero che in trentatré anni di attività ha rappresentato un luogo di rinascita per circa seimila persone che avevano smarrito la strada e si trovavano in balia della droga.

Nuovo fenomeno: il poliabuso. «È l’aspetto più grave, poiché in genere sono sempre meno le persone, fra quelle che accogliamo in comunità, a usare una sostanza singola, solitamente ne scelgono diverse», spiega Falgio.

«Le sostanze di abuso preponderanti sono il tetraidrocannabinolo, la ketamina le cosiddette nuove droghe, la cocaina, l’alcol, ed è molto diffuso il gioco d’azzardo; l’eroina ha un consumo residuale rispetto al passato, nonostante sia spesso presente tra le sostanze utilizzate».

Quali sono dunque le peculiarità di Casa Emmaus nel contrastare un problema sociale così sentito e allo stesso tempo rimosso, allontanato, come se non si volesse ammettere la sua evidenza?

«Casa Emmaus si distingue dalle altre comunità perché non seleziona i suoi ospiti in entrata, offrendo una mano a tutti coloro che coltivano dentro di sé desiderio di mostrare le proprie debolezze e di farsi aiutare, attraverso percorsi variabili dai 6 ai 12 mesi, a volte 18>.

<Spesso le comunità», prosegue la psicologa, «sono guardate con sospetto da una parte dell’opinione pubblica anche perché una remissione completa della malattia (che non è un vizio, bensì una patologia) avviene in una percentuale sicuramente minore rispetto ai recuperi.

Tuttavia vale la pena di spendersi per contrastare il fenomeno dato che il disagio stesso è conseguenza della nostra società e dell’ambiente formativo in cui ci si trova a crescere. Farsi carico delle fasce deboli di un sistema sociale lo rende più forte.

Curare la dipendenza significa restituire dignità ai padri, alle madri e ai partner, contrastando quella spirale di dolore che ha inghiottito intere famiglie».

A Casa Emmaus ogni intervento è seguito da un’équipe multidisciplinare: operatori sanitari, educatori, psicologi, psichiatri, tecnici della riabilitazione che offrono un alto standard qualitativo.

Una famiglia, per essere di supporto durante il periodo di graduale ritorno alla vita, dovrebbe trovare il coraggio di rivedersi insieme al proprio caro e provare a perdonare per darsi una possibilità.

Tutto questo si concretizza con la partecipazione al percorso, agli incontri e ai gruppi e alle attività a loro destinate».
© Riproduzione riservata