Continua a fare discutere il caso della donna morta a inizio anno a Roma, al policlinico Umberto I, per una rara forma di cancro che sembrerebbe collegata a un particolare tipo di protesi al seno.

Il caso, scoperto e riportato dalla trasmissione Report, è relativo ad una protesi impiantata 12 anni fa e prodotta e diffusa per decenni da una società che ha poi ritirato il prodotto per il possibile legame con la malattia.

La decisione di sospendere la vendita, che arriva dall'autorità regolatoria francese (ANSM), nasce dal possibile legame con un tumore particolarmente aggressivo, se non curato in tempo, e riguarda le protesi testurizzate, che si caratterizzano per la loro superficie ruvida e sono utilizzate soprattutto in Europa.

La prima morte registrata in Italia per una rara forma di tumore legata all'impianto di protesi al seno, il linfoma anaplastico a grandi cellule (Alcl), "è una notizia tragica – chiarisce la Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica (Sicpre) in una nota - ma serve evitare allarmismi: è un'evenienza molto rara che, se affrontata per tempo e nel modo corretto, porta alla guarigione".

Secondo la nota società occorre dunque "evitare il panico e adottare, invece, gli atteggiamenti più produttivi: sottoporsi ai regolari controlli suggeriti dal chirurgo e non trascurare eventuali aumenti del volume della mammella. Anche perché, con il conforto dei numeri e alla luce della posizione assunta dall'agenzia america (Fda) e da tutte le principali società scientifiche internazionali, la situazione è sotto controllo".

"Ricordiamo che l'Alcl insorge di solito diversi anni dopo l'impianto del dispositivo, in media dopo 7 anni", precisa il presidente della società scientifica. "Ribadiamo - conclude - che il segnale da non trascurare è un rigonfiamento della mammella; le donne che lo riscontrano devono rivolgersi al loro chirurgo. E tutte le donne portartici di protesi mammarie devono eseguire i controlli periodici".

Come anticipato da Report, la donna morta a Roma era ricoverata dall'autunno scorso, quando la malattia era in una fase troppo avanzata. L’intervento non era purtroppo servito a nulla, né i cicli di chemioterapia. Il 23 febbraio le autorità sanitarie hanno trasmesso la documentazione al ministero della Salute retto dalla grillina Giulia Grillo, ma da quel momento e sino ad oggi "sul caso era calato un silenzio totale", la denuncia di Report.

(Unioneonline/v.l.)
© Riproduzione riservata