Curare l'aneurisma dell'arco aortico impiantando una endoprotesi fenestrata, sfruttando esclusivamente la tecnica endovascolare, senza sternotomia o circolazione extracorporea. Il primo intervento di questo tipo in Italia è stato portato a termine al San Raffaele di Milano dall'Unità di Chirurgia vascolare, di cui fa parte anche il chirurgo cagliaritano Daniele Mascia. I vantaggi di questa nuova tecnica sono tanti.

"La terapia standard della patologia dell'arco aortico - spiega il medico - prevede la sostituzione in circolazione extracorporea, ipotermia ed arresto di circolo. Il paziente viene raffreddato, si deve incannulare l'aorta e perfondere il cervello prima di impiantare la protesi".

Insomma: il cuore va fermato, la circolazione del sangue viene affidata a una macchina, la temperatura del paziente viene portata fino a 20-24 gradi, a seconda dei casi. Il tasso di mortalità e complicanze maggiori si aggira tra il 7 e il 10 per cento, anche nelle migliori mani. "È un intervento molto complesso e può essere eseguito solo su pazienti in buone condizioni generali e con rischio chirurgico accettabile". Ma chi soffre di aneurisma aortico non sempre è nelle condizioni di subire un'operazione così difficile. Ecco perché è stata messa a punto la nuova tecnica, meno invasiva, che consente di posizionare una protesi per via completamente endovascolare, consentendo di offrire una chance a pazienti che sarebbero stati esclusi dal trattamento chirurgico standard.

L'INTERVENTO - "Sono sufficienti tre piccole incisioni nelle arterie periferiche - chiarisce il chirurgo cagliaritano -. Una nell'inguine, dove si inserisce un catetere che trasporta la protesi personalizzata fino all'arco dell'aorta, e altre due nelle braccia, dove vengono inseriti gli stent per vascolarizzare il cervello".

IL DECORSO - Il paziente su cui è stata impiantata la protesi, un uomo di 67 anni, era già stato sottoposto a un precedente intervento cardiochirurgico di bypass coronarico e dunque era considerato a elevato rischio per la chirurgia tradizionale "a cuore aperto". Dopo una Tac coronarica, i chirurghi e gli ingegneri clinici hanno studiato la possibilità di costruire un'endoprotesi. L'intervento, durato due ore, è stato eseguito nella sala ibrida di ultima generazione dell'ospedale San Raffaele. Il paziente dopo 3 giorni è stato dimesso e sta bene.

I VANTAGGI - Il breve decorso post-operatorio è uno dei vantaggi più evidenti garantiti dalla nuova tecnica: "È un intervento meno invasivo per il paziente. Dopo pochi giorni, se tutto va bene, è già in piedi. Evitare l'arresto di circolo, la sternotomia e tutto il resto consente di accorciare i tempi di ricovero", spiega Mascia. Questa è l'ultima evoluzione del programma "endovascolare della patologia complessa dell'aorta" messo in atto dall'ospedale milanese, con cui, negli ultimi anni, sono stati trattati circa 100 pazienti affetti da aneurismi complessi altrimenti non operabili.

"Siamo molto fieri dell'esito di questo complesso intervento, che dimostra quanto il San Raffaele sia un polo di eccellenza per la diagnosi e la cura della patologia aortica", spiega il professor Roberto Chiesa, direttore dell'unità di Chirurgia vascolare. "Oggi, l'esperienza maturata dal nostro centro nella cura endovascolare della patologia aortica complessa con protesi ramificate e fenestrate dell'aorta toraco-addominale ci ha permesso di estendere le indicazioni anche a distretti ancora più complessi quali l'arco aortico". "Auspichiamo - conclude Chiesa - che nel futuro saranno sempre di più le persone operabili con queste tecniche endovascolari avanzate".

Michele Ruffi

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