E' il parlamentare del Movimento 5 Stelle a raccontarlo: "Ore 13.30, i miei uffici al Senato sono chiusi. Mi trovo fuori Roma, così anche i miei collaboratori. Ci stiamo organizzando per la manifestazione di domani a Capo Frasca. Arriva, improvvisa, una telefonata dal Senato. Vengo informato di avere contravvenuto ad una non meglio identificata e fantomatica regola. Per farla breve nei miei uffici non posso affiggere nulla che si affacci visivamente all’esterno del palazzo. I poster con la scritta “No servitù" e le bandiere della Sardegna che avevo affisso nei giorni scorsi, per manifestare il mio pensiero e la mia protesta contro i poligoni militari – così loro mi dicono – non sono ammessi e saranno subito rimossi. D'autorità. In mia assenza. Ecco, evidentemente ho disturbato le “regole” ferree del Palazzo. Il potere si nutre anche di queste cose. Che evidentemente piccole non sono. E ne ha paura, il Palazzo. Perché? Al Palazzo e al potere vorrei ricordare l’art. 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Brutta cosa se viene impedito, non solo ai cittadini, ma anche ai loro rappresentanti liberamente eletti".
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