Il D.L. 107 di Riassetto della Presidenza della Regione Sardegna sembra volersi proporre come un chiarissimo esempio di quella che, comunemente, i più sarebbero propensi a definire, con buona verosimiglianza, degenerazione congenita ed etica della politica contemporanea. Esempio che, peraltro, nel caso specifico, si affaccia alla attenzione del Popolo Sardo, il quale null’altro può fare se non assistere sgomento al perpetrarsi dell’ennesimo intervento moltiplicatore “salva casta” e sperare in una interposizione oppositiva forte da parte delle forze politiche di minoranza, proprio in uno dei momenti più delicati e terribili che la storia regionale possa ricordare. Ebbene. Posto che, in linea generale, ogni forma di “gigantismo burocratico” degli apparati governativi, sembra voler servire solo a mascherare il “nanismo gestionale sistemico” delle “cariche”, impersonalmente intese, eventualmente coinvolte nella gestione apicale dei territori e delle loro articolazioni di riferimento, e posto, altresì, che ogni iniziativa mirante alla formalizzazione di sistemi strutturalmente alterati, siccome sovrabbondanti, ha come suo esito predefinito e fenomenico sia quello dell’incancrenimento massivo, e conseguente inceppamento, della macchina governativa per l’insostenibilità dei costi calcolata nel medio e lungo periodo, sia la sovrapposizione di “articolazioni umane e dipartimentali fotocopia” all’evidenza non necessarie soprattutto in una realtà funzionalmente ridotta quale quella sarda, e posto, ancora, che strutture siffatte appaiono perfettamente idonee, verosimilmente, a ridurre grandemente, annullandolo, il patto sacrosanto di rappresentanza tra votanti ed eletti, allora mi domando, e chiedo: a chi dovrebbe giovare tutto questo? Quali funzioni residuali sarebbe chiamato a svolgere il Consiglio Regionale nella sua formazione ottimale? Si tratta forse di una maniera alternativa di acquisizione dei “pieni poteri” dal parte della Presidenza Regionale?

Al di là dei ragionamenti che, al riguardo, ognuno di noi ritiene di coltivare nel proprio intimo, ritengo che prescindere a priori dalla buona fede delle persone e, quindi, anche dei politici, sia sempre e comunque un errore, e ritengo, altresì, che molto spesso, come nel caso specifico, può capitare che quelle stesse persone e/o politici, possano cadere in errori grossolani pur se mossi dalle migliori intenzioni. Meglio precisando. Dalla lettura del Disegno di Legge in esame, sembra quasi, ed infatti, che il fine ultimo della attuale maggioranza sardo-leghista sia quello di dare vita ad una vera e propria forma di “governo dei funzionari” (per usare l’espressione dell’economista francese Vincent de Gournay), straordinariamente parallelo a quello “ufficiale” legittimato dall’urna, chiamato a sostituirsi ad esso in maniera strettamente e rigidamente delegata, ma parimenti inefficiente sul piano pratico. Circostanza che, se eventualmente avvalorata, apparirebbe innegabilmente surreale per poter assurgere a realtà concreta: proprio mentre si registrano ogni giorno contagi da paura nella loro estensione numerica, i Sardi dovrebbero, loro malgrado, addirittura subire il teatrino della politica più spicciola ed inconcludente. Si è soliti dire, richiamando Aristotele, che ogni Popolo ha i rappresentanti che merita, ma davvero questo concetto assume i contorni di un giudizio impietoso ed inveritiero se applicato sic et simpliciter, ossia senza alcun correttivo, al Popolo dei Sardi. Se è vero, come è vero, infatti, che siamo stati noi (il plurale è solo argomentativo) a consentire agli attuali componenti di maggioranza di esercitare legittimamente un certo potere, e che alla fine verosimilmente, ne meritiamo gli esiti, tuttavia, è altrettanto vero, che le promesse elettorali, ossia i presupposti della richiesta di voto sembravano essere ben altri, o almeno, così abbiamo voluto credere e così vogliamo continuare a credere. Ciò che maggiormente sorprende e perplime è che il DL 107, nei fatti, e prima ancora probabilmente negli intenti mal celati, se davvero quegli intenti sussistano (la formula dubitativa è doverosa), sembrerebbe voler concentrare il potere nelle mani del Presidente (stando ai rilievi dei Partiti di Opposizione) a tutto discapito della Giunta e del Consiglio, con conseguente appesantimento della “architettura della Regione”, la quale andrà a strutturarsi “su due ulteriori livelli di coordinamento e controllo”, ossia “il Segretario Generale al vertice e tre dipartimenti con altrettanti Direttori incardinati presso la Presidenza”.

E per di più, le nuove figure apicali dovrebbero rispondere direttamente al Presidente della Regione. Scendendo nel dettaglio, e per meglio comprendere la straordinarietà e comunque la estemporaneità di questa che è stata presentata come iniziativa brillante e risolutiva, il DL 107, tra l’altro, che si articola in circa undici articoli, vorrebbe prevedere l’istituzione di un ufficio di supporto, composto da circa dieci unità, alle funzioni generali della Presidenza, la Segreteria del Presidente con sei unità, l’ufficio di staff tecnico con altre diciassette persone e sei esperti che dovrebbero rispondere anch’essi direttamente al Presidente, e, dulcis in fundo, sette consulenti. A voler pensar male, e “Qualcuno” ci ha tramandato ampio insegnamento al riguardo, talvolta, anzi molto spesso, ci si azzecca. Detto altrimenti, sempre a voler pensar male, e il ragionamento è puramente ipotetico, non vorremo mai essere indotti a ritenere e/o credere (e personalmente non lo credo ritenendo piuttosto che si tratti di un intervento infelice discusso nel momento meno opportuno, ma comunque predisposto in buona fede) che si tratti del solito tentativo tipico della peggiore politica di attualizzare la cosiddetta “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, quindi delle “poltrone”, giacchè per i più malpensanti oppositori, potrebbe risultare davvero difficile intravedere, altrimenti, l’utilità pratica, salvo riscontri concreti di diverso tenore, di un disegno di legge siffatto e di una sovrastruttura tanto articolata da far impallidire l’organizzazione amministrativa di Regioni italiane di indiscusso efficientismo. In un contesto siffatto, potrebbe apparire assai difficile credere che “la ratio di questa proposta di legge (sia quella) di riorganizzare la struttura amministrativa per il rilancio della macchina regionale”, ossia la creazione di una “Regione smart, veloce e innovativa” (parole dell’Assessore al Personale Valeria Satta). Perché se tale è l’intento, allora sembra chiaro che i promotori di questo disegno di legge non abbiano la minima idea di cosa si intenda per de-burocratizzazione degli apparati, come pure sembra altrettanto chiaro, di conseguenza, che, così continuando, quegli stessi promotori, potrebbero finire paradossalmente per perseguire proprio quell’unica finalità che vorrebbero scansare a tutto pregiudizio dei Sardi e delle loro già poverissime tasche bucate. Dire che in quanto cittadini ci si possa sentire travolti dal caos che la situazione contingente ha chiaramente ingenerato, è dire poco.

E oggi abbiamo bisogno di sapere che il nostro Consiglio Regionale lavora per migliorare il nostro presente ed il nostro futuro. La preoccupazione è che, al di là delle critiche, durissime, che a vario titolo si possono avanzare verso iniziative tanto indelicate ed inopportune, questa (forse apparente) contraddittorietà tra finalità annunciate e conseguenze pratiche perseguende, possa sfociare in forme di avaro qualunquismo, di disapprovazione moralistica, di scetticismo e di distacco dalle istituzioni proprio nel momento in cui, invece, sarebbe necessario volgere ogni azione al rafforzamento della fiducia dei cittadini verso i loro rappresentanti. Si auspica, pertanto, che l’attuale maggioranza voglia accantonare questo disegno legge e concentrarsi sulle uniche misure utili a superare i tanti disagi cagionati dalla pandemia.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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