“Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo a un vestito vecchio; altrimenti strappa il nuovo, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio” (dal Vangelo secondo Luca 5:33-39).

In buona sostanza, e detto altrimenti, se è vero, come è vero, che generalmente tutti sono favorevoli al “progresso” (sul cui significato interpretativo è già arduo intendersi), tuttavia, a non piacere resta sempre la componente che quel “progresso”, ammesso e non concesso che sia unidirezionalmente condiviso, promette di attuare, ossia il “cambiamento”, l’“avvicendamento” tipico del percorso di trasformazione e trasfigurazione.

Sembra averlo capito bene anche il Professore ed Avvocato Giuseppe Conte (prima di lui Enrico Letta, nuovo Segretario del Partito Democratico), ex amatissimo ed indimenticato, seppur contestatissimo, Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale, dopo attenta e scrupolosa riflessione, ha maturato la sua decisione e, conseguentemente ufficializzato, come invero era lecito attendersi, la sua attesissima discesa in campo quale nuovo leader del Movimento 5 Stelle (e probabilmente non solo) nella sua rinnovatissima veste, non ancora compiuta, ma presumibilmente esitanda in conseguenza ad un laborioso processo di “rifondazione” che vorrebbe qualificarsi “in fieri” e che potrebbe riservarci, e ce le riserverà, sorprese inaspettate siccome, per usare le stesse parole dell’ex “Premier”, per un verso, “rifondare non significa limitarsi ad operare un restyling, un rinnovo superficiale” finalizzato ad “incrementare il consenso”, e siccome, per altro verso, “rifondare” non sarebbe, come in effetti non è, “concetto compatibile con una operazione di marketing politico”.

Se riuscirà nella “missione” intrapresa non tarderemo a scoprirlo. Il vero “problema”, tuttavia, risiede nel “non detto”, nella lunga serie dei sottointesi di principio contenuti nel suo articolato discorso programmatico che verosimilmente potrebbero ostacolare la compiuta definizione del “progetto” siccome la sinistra, o meglio, il centro-sinistra (a cui il nuovo Movimento di Giuseppe Conte sembra ambire posizionandosi quale sua parte integrante), non può più presentarsi alle masse come semplicemente e rovinosamente “governista”, come da più parti autorevoli definito, per mortificare e subordinare al “governismo” fine a se stesso la propria individualità soggettivistica e la propria pianificazione programmatica.

Per il resto, nulla quaestio comunque. L’operazione è oltremodo lecita e condivisibile considerato l’attuale scenario politico e partitico nazionale, all’interno del quale, invero, solo la formazione di Giorgia Meloni sembra aver sapientemente e meritevolmente conservato in maniera monolitica la sua identità ideologica e programmatica. E la circostanza, si badi bene, non è affatto di scarso momento se solo si considera la “confusione” attualmente esistente all’interno di “quello” che si propone di ancorare la sua stessa esistenza nel suo proporsi come “governo di tutti” che tuttavia alberga “nel cuore di pochi”. Le riflessioni proponibili al proposito sono davvero plurivalenti, ma, per il momento, occorre secondo me focalizzare l’attenzione sugli eventi trasformanti che con maggiore immediatezza impattante finiranno per gestire le sorti dell’ingiustificatamente osannato Governo Draghi.

La nuova situazione venutasi a delineare con l’adesione di Giuseppe Conte ad un progetto politico che vuole caratterizzarsi per la sua ampia portata, va in realtà, ed infatti, considerata all’interno di un progetto assai più ampio ed omnicomprensivo all’interno del quale, la annunciata “rifondazione” del Movimento, appare solo come il tassello di un mosaico sapientemente architettato “a monte” nell’ottica di una ri-costituzione di un centro-sinistra logicamente inteso anche, e soprattutto, nella sua componente maggioritaria e dominante, che negli ultimi anni, a cagione dell’affermazione proprio del Partito Democratico, o meglio di quella particolare consistenza del Partito Democratico, aveva cessato di essere tale, ossia coalizione di realtà ideologicamente orientate ma differenti, per assumere una dimensione strutturata ed unitaria oggi implosa anch’essa, al pari del Movimento, sull’onda, del correntismo endemico necessariamente germogliato e maturato sull’incapacità delle “Segreterie” succedutesi, e/o della “Base” nel caso dei penta-stellati, di accettare ed accogliere la multilateralità interna (al partito in particolare e alla coalizione nel complesso) delle singole componenti minoritarie necessitanti di rinvenire una loro visibile e tangibile espressione condivisa.

In un contesto siffatto, a mio modesto modo di considerare la vicenda, la triade ideologica di reciproca e trivalente presupposizione, perlomeno sul piano concettuale, all’attualità, ed a leggere con attenzione, e tra le righe, l’intervento di Giuseppe Conte, come pure ad osservare con occhio clinico la linea direttrice tracciata da Enrico Letta, appare emergere con prepotente evidenza: un triangolo equilatero sorretto, alla base, nei suoi angoli perfettamente congruenti, dalla ricostruzione del Partito Democratico da un lato e dalla rifondazione del Movimento 5 Stelle dall’altro, entrambi uniformemente ricongiunti, all’apice, dalla definitiva e compiuta ricomposizione del più ampio campo (o centro se si preferisce) democratico latamente inteso.

Se questo disegno andasse in porto, ne esiterebbe senz’altro un centro-sinistra davvero rinnovato, ma inevitabilmente bifronte sul piano apicale per essere contesa la sua leadership tra il “notabile” Enrico Letta e lo stesso “professore” Giuseppe Conte. Gli interrogativi, per quanto mi riguarda, sono tuttavia tanti, e tutti parimenti rilevanti. Tanto per cominciare, cosa intendono i due leader quando discorrono di “contrasto” al fenomeno del correntismo interno ai due grandi partiti? Si può affermare che a tutt’oggi, e nonostante lo sforzo intrapreso, difetti ancora, in entrambe le rinnovande formazioni politiche, una rigorosa analisi organica e circostanziale non solo del senso della propria permanenza, ma anche e soprattutto del “sentire” della società contemporanea visto e considerato che l’ambizione di porsi come rinnovati rappresentanti di un Popolo Sovrano da troppo tempo abbandonato a se stesso presuppone, necessariamente, una prodromica conoscenza delle sue mutevoli esigenze finora interpretate solamente dall’intraprendenza istintiva di Matteo Salvini e della sua Destra? Si può affermare, che ancora ad oggi, a sorreggere, e purtroppo ingannevolmente sul piano ideologico, le disparate formazioni di sinistra, sia ancora, e rovinosamente, la “pregiudiziale” contro il centro-destra? Ebbene.

Altro non mi resta, a questo punto, se non tentare di offrire una risposta ai quesiti che possa dirsi accettabile. Intanto, perché se per “contrasto” alle varie correnti interne ai due partiti si voglia intendere “annullamento” puro e semplice più che “controllo razionale e misurato” delle medesime, allora devo dedurne che il “progetto” è destinato a naufragare in porto, siccome le “correnti”, contrapponendo sana e consapevole programmazione associativa ad altrettanto sana e consapevole strutturazione di coordinamento, sono idonee a controbilanciare il potere dell’apparato centrale ristabilendo le condizioni del contraddittorio e facendosi espressione viva e vegeta dell’esistenza di quel campo democratico a tutt’oggi “desaparecido”.

Quindi, perché un centro-sinistra (lo si intenda nelle sue esaminande componenti partitiche soggettive) che voglia definirsi compiutamente tale, deve riappropriarsi del terreno autentico della politica, della differenziazione sui programmi e sui comportamenti attuativi di modo tale da garantire l’affermazione di alternative che non si siano unicamente di coalizione. Infine, perché, sarebbe davvero incomprensibile se la nuova “sinistra” si lasciasse sedurre da valutazioni semplicistiche condannandosi a voler interpretare la propria futura candidatura alla guida del paese quale puro e semplice percorso alternativo al centro-destra. L’impresa è ardua ed i condottieri Enrico Letta e Giuseppe Conte sicuramente valenti. Mi domando se sapranno essere carismatici ed attrarre a se un seguito apprezzabile ed altrettanto valido su cui gettare le fondamenta del rinnovato centro-sinistra italiano.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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