"Se dovessi decidere che Siri deve lasciare il governo troverò il modo di farlo".

Così Giuseppe Conte, da Pechino, avverte il sottosegretario indagato per corruzione nell'ambito di una maxi inchiesta sull'eolico.

Ma è presto per prendere una decisione: "Una volta - spiega il premier - si chiedevano le dimissioni per telefono, senza guardarsi negli occhi. Ma io sono diverso, con Siri ci parlerò, chiederò e pretenderò delle spiegazioni, poi assumerò una decisione, senza perdere di vista il rispetto delle istituzioni e del lavoro del governo, che sta lavorando per recuperare la fiducia dei cittadini".

Quando una decisione sarà presa, dopo aver letto le carte e aver parlato con Sisi, "la spiegherò agli italiani".

Il presidente del Consiglio, tuttavia, non ha il potere di cacciare i membri del governo o di costringerli alle dimissioni: "Se dovesse restare incollato alla poltrona troverò il modo per scollarlo, ma in ogni caso discutere in questo momento non è corretto. Ci sono ancora dei passaggi da espletare, da parte mia mi fermo qui".

Sulle continue liti tra Lega e M5S, per Conte sono qualcosa di fisiologico: "È normale che in queste settimane si alzino i toni della voce per farsi sentire dagli elettori, ma stiamo lavorando da matti. Non posso stare dietro alle polemiche quotidiane, io ho un altro ruolo. Lavoro per gli italiani e le imprese".

E mentre Conte prende tempo, anche troppo, continuano le schermaglie tra Salvini e Di Maio.

Il leghista continua a dire che Siri "resterà al suo posto". Di Maio dice che Conte lo costringerà a dimettersi e, ancora ieri, sulla visita a Corleone di Salvini, ha punto l'alleato: "La mafia si elimina dando l'esempio".

(Unioneonline/L)
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