«Non è vero che siamo stati lasciati soli dai vertici nazionali. La verità è che si è perso perché l'onda Salvini ha travolto tutti».

Francesco Desogus, 59 anni, agronomo, candidato alla presidenza della Regione per il Movimento 5 stelle, da ieri è tornato al suo lavoro di funzionario del servizio bibliotecario della Città metropolitana di Cagliari. La legge elettorale sarda, infatti, non gli consente di entrare in Consiglio. Desogus ha riflettuto sulla sconfitta e qualche spiegazione è riuscita pure a darsela.

Le dia anche a noi.

"Intanto il precedente dell'Abruzzo non ci ha aiutato. Anzi, ha fatto capire dove soffiava il vento. Salvini ha capitalizzato al massimo la situazione e i fatti parlano per lui. Ha capito molto bene quanto siano malleabili i sardi e si è comportato di conseguenza. Non mi stupisce vedere i sardi, storicamente invidiosi e gelosi tra loro, che si invaghiscono di un politico arrivato da fuori con il piglio dell'uomo forte. È il segno dei tempi".

Ma lei ha creduto di poter vincere le regionali?

"Noi arrivavamo dal 42 per cento del 4 marzo 2018, cioè appena un anno fa. Sinceramente, non lo nascondo, abbiamo pensato di potercela fare. Non stavamo solo partecipando, ci credevamo".

Invece.

"Invece hanno giocato molti altri fattori. A cominciare dall'astensione. Un segnale che non abbiamo saputo cogliere. La gente ha una sensibilità diversa a dipendere dal tipo di competizione. Ritenevamo di essere il terzo incomodo tra centrodestra e centrosinistra che ogni 5 anni si alternano alla guida della Sardegna. Con un'anomalia: combattevamo contro un alleato di governo collocato all'interno di una coalizione che a Roma è all'opposizione".

Però Salvini vi ha praticamente ignorato durante la campagna elettorale, attaccava il Pd, Pigliaru e Arru e risparmiava voi: perché?

"È vero, non ci ha nemmeno citato, ma non so se per rispetto "governativo" o perché sapeva di avere la vittoria in tasca. Di fatto eravamo due forze di governo in campo, ma la gente ha premiato la Lega. Gli elettori hanno scelto le persone e gli slogan. Salvini non ha perso occasione per occupare gli spazi su un elettorato volubile. È arrivato a parlare di nucleare, ma dai, la politica è una cosa seria. Mi sembra sia stata ridotta a una sorta di televoto".

Filogovernativo in Consiglio?

"No, i sei guerrieri che rappresenteranno il Movimento faranno un'opposizione dura. È una pattuglia che lavorerà senza fare sconti. Poi, se ci saranno proposte condivisibili le voteranno, altrimenti le bocceranno. Qui non c'è nessun contratto, sono liberi di criticare e di attaccare".

I vostri leader nazionali non si son visti, può aver pesato anche questo sull'esito finale?

"Non credo. In Sardegna son venuti Di Maio e il premier Conte, c'è stato un problema, reale, con il ministro dell'Ambiente Costa che si è ammalato proprio alla vigilia della sua visita. Noi comunque avevamo un progetto politico, gli altri erano un'accozzaglia di partiti senza un programma preciso ma con degli impresentabili in lista".

A chi si riferisce?

"A quelli elencati dal commissario Nicola Morra. Ne ho parlato con Zoffili (coordinatore sardo della Lega, ndr ) e lui mi ha risposto che non erano candidati con loro ma con altri partiti. Giusto per sottolineare la differenza tra noi e gli altri".

Torniamo alla sconfitta: c'è chi le ha addossato le colpe. Dicono che con Luca Piras le cose sarebbero andate diversamente. Cosa risponde?

"Ci sono molte persone che vivono su Facebook e non fanno altro che prendersela con qualcuno, me compreso stavolta. La verità è che Piras, pur arrivando secondo alle regionarie che avevano indicato Mario Puddu, non poteva essere candidato perché i probiviri del Movimento avevano aperto un fascicolo su di lui. Così si è proceduto a una seconda consultazione e io sono risultato il più votato. Qualcuno, visto che non c'era Piras, ha gridato allo scandalo, parlando di purghe. Chiariamo, Piras non è stato espulso, nel M5s essere cacciati significa ricevere il bollino dell'indegnità e non è il suo caso. Ma ricevere offese, come è capitato a me, non va bene".

Sia chiaro.

"Me ne hanno dette di tutti i colori. Io ho ricevuto 28 clic in più dei miei competitor che mi hanno consentito di essere il candidato presidente. Leggere cattiverie non fa piacere. Non so se fossero iscritti del Movimento, simpatizzanti o guastatori".

Come uscirne?

"Credo che dovremmo radicarci di più nel territorio e confrontarci con la gente che oggi non ci conosce. È la nostra scommessa ed è un impegno serio che cercheremo di rispettare d'ora in avanti".

Vito Fiori

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