"Scissione? Di scissioni ne abbiamo già viste già abbastanza. Non è all'ordine del giorno, e io non ci sto lavorando. Non sto lavorando a qualcosa di diverso". Sono le parole di Matteo Renzi con cui smentisce, ancora una volta, la voci secondo cui sarebbe in procinto di uscire dal Pd per fondare, con i suoi fedelissimi, un nuovo partito.

Non è un mistero, infatti, che Renzi abbia in testa l'idea di un partito tutto suo, un progetto che è tuttavia ancora in fase embrionale, e con così tante incognite a cui trovare una soluzione che ipotizzarne una realizzazione in tempi brevi appare quasi un suicidio.

E nell'attesa, dunque, l'ex presidente del consiglio conferma la sua presenza nelle fila dei democratici, ma "alla sua maniera".

"Da mesi non mi preoccupo della 'Ditta' Pd – ha spiegato - mi preoccupo del Paese, che è più importante", per questo "non mollo di un centimetro la battaglia contro i cialtroni che stanno mandando l'Italia in recessione".

In vista dell’elezione del nuovo segretario di partito in programma il 3 marzo prossimo, i sondaggi dicono che Nicola Zingaretti viaggia poco sopra il 40%, ma il duo Martina-Richetti inizia a rosicchiare posizioni. E ora che non c'è più Minniti, che proprio ieri ha annunciato di ritirarsi dalla "corsa" per il bene del partito, la loro speranza è di intercettare parte dei consensi dell'area renziana. Del gruppo fa parte anche Graziano Delrio, un tempo braccio destro di Renzi ma che ormai ha separato il suo destino da quello dal leader, anche se sottolinea di non essere il suo "pugnalatore": "Spero che Matteo non uscirà dal partito, la sua uscita non sarebbe indolore, ma sono entrato in politica per costruire il Pd sull'onda dell'Ulivo e morirò orgogliosamente democratico".

Chi, invece, non sembra poterne più è Carlo Calenda, tranchant nel giudizio sul centrosinistra: "Sembra diventato un asilo d'infanzia".

E sullo sfondo di questa intricata vicenda si delinea anche l'ipotesi di "far saltare" il Congresso o magari congelarlo fino a dopo le Europee. Un’idea che parte dall'area vicina all'ex premier, ma che difficilmente riuscirà a spegnere la macchina in corsa. A scongiurarlo anzitutto Zingaretti, che riconosce l'onore delle armi a Minniti: "Ha fatto una scelta di grande coerenza e responsabilità. Marco rimane una straordinaria risorsa, che sicuramente farà parte, per quanto mi riguarda, del nuovo gruppo dirigente".

(Unioneonline/v.l.)
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