Manca una settimana al 12 dicembre, termine ultimo per la presentazione delle candidature al congresso del Pd, e il partito è nel caos totale.

Un Renzi disimpegnato dal congresso e sul punto di formare un partito tutto suo, di cui già stanno nascendo i comitati civici per opera dei più stretti collaboratori dell'ex premier. Un Richetti che prima si candida, poi si ritira per appoggiare il segretario uscente Maurizio Martina. Ora i dubbi di Minniti.

L'ex ministro dell'Interno, spinto alla candidatura proprio dai renziani, sta meditando di ritirarsi proprio perché infastidito per lo scarso sostegno dei renziani e per le voci sul nuovo partito del senator, tutt'altro che semplice, di Scandicci.

Secondo indiscrezioni a spingere Minniti al ritiro sarebbe stata anche una telefonata tra l'ex ministro e Renzi, con quest'ultimo che non avrebbe chiarito a sufficienza alcuni dubbi di Minniti sul suo progetto.

In mattinata lo stesso Renzi lo ha praticamente scaricato: "Minniti è irritato? Come sapere non mi occupo del congresso del Pd", ha detto, confermando che ormai ha preso un'altra strada.

Lo sfilarsi dei renziani da una parte, il probabile ritiro di Minniti dall'altra. Due circostanze che spianano la strada a Nicola Zingaretti che, forte dell'appoggio di big come Gentiloni e Franceschini, va a vele spiegate verso un prevedibile trionfo.

Ma è consapevole che vincerebbe in un Pd dimezzato, il presidente del Lazio, tanto che avverte: "Per il Pd sono preoccupato e allarmato, spero che qualcuno non abbia deciso di distruggerlo. Non dobbiamo permetterlo. Il Pd va cambiato, non picconato con le furbizie".

Bisogna attendere il 12 dicembre dunque per sciogliere ogni dubbio e capire una volta per tutte chi sarà a partecipare alle primarie del Pd. Ma alla fine di tutto ci potremmo ritrovare - al netto dei nomi e delle sigle - in una situazione simile a quella che c'era prima della nascita del partito 11 anni fa. Un partito - il Pd - simile ai vecchi Ds, guidato da Nicola Zingaretti e che vedrebbe anche il ritorno di gente come Bersani. E un altro, quello di Renzi, più centrista, simile alla vecchia "Margherita".

Non è detto che sarebbe un male per l'area del centrosinistra, che potrebbe allargare così il suo consenso giunto ai minimi storici. D'altronde siamo in un sistema proporzionale, che favorisce la scomposizione.

(Unioneonline/L)

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