Sono momenti terribili per la sorte del padre gesuita Paolo Dall'Oglio, scomparso nel nord della Siria dal 28 luglio, dopo che una rappresentante dell'opposizione siriana ha detto che il religioso è stato "giustiziato". Secondo altre fonti, invece, ci sono "speranze" che il religioso sia ancora vivo. Ma nessuna notizia, nè in un senso nè nell'altro, può essere verificata con certezza. "Si tratta di un'indicazione che va presa con estrema cautela e che non trova al momento alcuna conferma", ha indicato la Farnesina all'ANSA appena rimbalzata la notizia del sito arabo. Poche ore dopo è stato il presidente del Consiglio Enrico Letta a ribadirlo: "Purtroppo non abbiamo notizie, non abbiamo conferma, siamo trepidanti e stiamo cercando informazioni e contattì", ha detto il premier, parlando del gesuita, visto per l'ultima volta il 27 luglio a Raqqa, unico capoluogo di provincia nelle mani dei ribelli. "Si tratta di un'indicazione che va presa con estrema cautela e che non trova al momento alcuna conferma", ha reiterato il primo ministro. A far temere che la vicenda si fosse conclusa tragicamente è stato nel primo pomeriggio un messaggio di Lama Al Atasi, un'attivista politica conosciuta nel Paese e segretario generale del Fronte nazionale siriano, un movimento di sinistra schierato contro il regime.

"Con il massimo rammarico - ha scritto su Facebook la Al Atasi - comunico di avere notizie confermate da una fonte ben conosciuta che Padre Paolo è stato giustiziato". Nè la Farnesina, nè il Vaticano, nè attivisti sul terreno hanno però confermato la presunta notizia della morte. "Qui c'è anche una guerra tra notizie che subiscono continue smentite, bisogna fare attenzione", ha avvertito il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari.

Appare dunque impossibile distinguere con ragionevole certezza quali di queste voci abbiano un fondo di verità e quali siano invece diffuse per interessi di parte, sciacallaggio o semplice smania di protagonismo. Lama Al Atasi, tra l'altro, citata dal sito Zaman Alwasl, fornisce una spiegazione che sembra fatta apposta per accusare il regime per la morte del religioso. L'Intelligence di Damasco, secondo la leader del Fronte nazionale siriano, avrebbe infiltrato i gruppi jihadisti e avrebbe contribuito al suo assassinio. Non solo, ma a suo dire anche alcuni governi occidentali sarebbero a conoscenza della morte del gesuita ma la terrebbero nascosta.

Da parte sua Salam Kawakibi, esponente dell'opposizione siriana all'estero e vicedirettore di Arab Reform Initiative, ha assicurato ad AnsaMed che, secondo notizie che gli sarebbero state fornite da una persona "attendibile" di "gruppi rivoluzionari" di Raqqa, Padre Dall'Oglio fino a poche ore fa era vivo e ancora "ospite" dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante. L'organizzazione legata ad Al Qaida, con il cui capo, Abu Bakr al Baghdadi, il gesuita aveva appuntamento in una località sconosciuta fuori Raqqa, per negoziare la liberazione di alcuni ostaggi, secondo fonti degli attivisti.

Una definizione, quella di "ospite", su cui non concorda però il governo italiano, secondo il quale Padre Paolo, che aveva voluto incontrare i jihadisti per negoziare la liberazione di altri ostaggi, è tenuto ora sequestrato da una filiale locale di Al Qaida, chiamata 'Emirato di Tal al Abiad'. La verità, - dice il responsabile di una ong a Beirut in contatto con gli attivisti che hanno accompagnato il gesuita al suo ingresso in Siria, - è che su di lui stanno circolando "innumerevoli dicerie" che non trovano per ora "nessuna conferma nè in senso positivo nè negativo". Anche se le informazioni che arrivano da diversi canali sul terreno indicano che "c'è una speranza" che il religioso sia vivo. Intanto l'ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) fa sapere che residenti di Raqqa hanno tenuto diverse manifestazioni nelle ultime settimane per chiedere il rilascio di centinaia di persone scomparse che si ritiene essere detenute dai jihadisti, tra le quali appunto Dall'Oglio. In almeno una occasione, la settimana scorsa, i manifestanti si sarebbero diretti verso il quartier generale dei jihadisti legati ad Al Qaida gridando slogan come "La Siria è libera, Stato islamico vattene".
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