Spread. Tutti ne parlano, in questi giorni convulsi di fatti politici volti a dare un nuovo governo all'Italia. Ed è finito, quindi, per essere il "barometro" con cui stabilire se le decisioni di Mattarella, Cottarelli, Conte, Di Maio, Salvini fossero giuste o meno.

Si è detto, in occasione del diniego del presidente della Repubblica al Governo carioca (impigliatosi, forse inesorabilmente, sul nome di Paolo Savona), che è prerogativa del Capo dello Stato tutelare i risparmiatori italiani attaccati, appunto, dallo spread.

Ma le turbolenze del diffenziale Btp-Bund di questi giorni, chi colpiscono davvero?

Dai dati disponibili sul database della Banca d'Italia, si capisce quanto oggi, solo una quota esigua del nostro debito pubblico è in mano, direttamente, ai piccoli investitori del nostro Paese, come famiglie e imprese tricolore. Mentre un terzo, si calcola, sia in mano alle imprese straniere. Banche, assicurazioni e fondi italiani – invece - detengono circa il 50% del debito.

Da quello che si evince estendendo il range d'analisi dal 1988 ad oggi, invece, è come la composizione del debito sia cambiata con lo scorrere degli anni.

Il primo dato a saltare all'occhio, infatti, è come il debito – sia in termini assoluti che percentuali – si sia progressivamente ridotto nelle tasche dei risparmiatori italiani.

In contemporanea – e in particolare da quando esiste l'Euro – è passato sempre di più in mano agli investitori stranieri: scollinando dal 4% di fine anni Ottanta, al 32% di oggi.

Evidente è anche la situazione dei titoli di Stato detenuti dalla Banca d'Italia, che è passata dal 5% del 2014 al 16% attuale.

La quota di debito in possesso alle banche italiane è del 27% del totale: ecco spiegato perché sono proprio gli istituti di credito a soffrire le oscillazioni dello spread.

(Unioneonline/DC)

© Riproduzione riservata