Portland, Oregon, sempre più campo di battaglia. Da tre mesi, da quando è montata l'onda delle proteste antirazziste per la morte di George Floyd, la città della West Coast statunitense è teatro di disordini.

Sabato notte si è anche registrato un morto, dopo gli scontri esplosi tra i manifestanti del movimento Black Lives Matter e i sostenitori pro Trump arrivati in città a bordo di centinaia di furgoni e pickup. Un corteo che ha invaso le strade del centro.

"L'unico modo per riportare l'ordine e fermare la violenza in città guidate dalla sinistra come Portland - le dure parole del presidente americano su Twitter - è la forza!".

"Così il pesidente istiga alla violenza", la risposta del sindaco di Portland Ted Wheleer, per il quale Trump porta avanti "una campagna di paura e antidemocratica".

È proprio ad un gruppo ultraconservatore e di estrema destra, quello dei Patriot Prayer, che apparteneva la vittima della scorsa notte, colpita al petto da un proiettile. Per lui non c'è stato scampo, morto sul colpo. Dalle prime ricostruzioni gli spari sarebbero iniziati dopo che dalla carovana di pickup dei sostenitori del presidente Trump sarebbe partita verso i manifestanti in strada una raffica di proiettili alla vernice.

In risposta verso i veicoli sarebbe quindi partito un fitto lancio di oggetti, pietre, bottiglie, bidoni della spazzatura.

A un certo punto la tragedia, di cui si sta tentando di ricostruire la dinamica per individuare i responsabili. Ad indagare insieme alle forze dell'ordine locali anche gli agenti dell'Fbi. Ma la vera preoccupazione ora è che la situazione di Portland, già da settimane degenerata, possa finire del tutto fuori controllo, con una vera e propria guerra tra fazioni opposte.

(Unioneonline/v.l.)
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