Il 25 luglio è morto il novantaduenne presidente della Tunisia Beji Caid Essebsi.

Inizialmente attivo in politica, come consigliere del primo presidente della Tunisia indipendente Habib Bourguiba, ebbe diversi incarichi anche sotto Ben Ali, ma si allontanò dal regime già a metà degli anni ’90; venne infine eletto come Presidente della Repubblica, dopo la rivoluzione del 2011 che cacciò Ben Ali, il 31 dicembre 2014. Fondatore di Nidaa Tounes, partito laico e progressista, è stato un elemento essenziale per il mantenimento della calma in momenti di grande tensione per la Tunisia, come durante i tragici fatti di sangue del museo del Bardo e di Sousse. Essebsi aveva, tra le altre cose, origini sarde, in quanto i suoi avi furono rapiti e portati in Tunisia nell'Ottocento.

La Tunisia è l’unico paese che ha attraversato le cosiddette “rivoluzioni arabe” senza crollare in violenze di piazza e riuscendo a darsi una nuova costituzione laica e innovatrice. Molte problematiche restano: una alta disoccupazione, il pericolo di una deriva estremistica, i rischi provenienti da stati confinanti; ma ha anche diversi aspetti positivi, quali una popolazione giovane e con un alto tasso di laureati, un’alta percentuale di lavoro femminile ed è il paese musulmano più progressista riguardo alla libertà di espressione e ai diritti delle donne. Il Presidente Essebsi è stato un elemento importante di tutto questo.

L’Italia, e anche la Sardegna, hanno importanti rapporti storici con la Tunisia; fino al 1931 in Tunisia c’erano più italiani che francesi (circa 92.000, di questi circa 8.000 sardi), ci sono stati da sempre contatti e una reciproca emigrazione (oggi ci sono circa 100.000 tunisini in Italia).

L’Italia è oggi il secondo partner commerciale della Tunisia e ci sono inoltre centinaia di imprese italiane che operano in quel paese.

La percezione degli italiani da parte dei tunisini è in generale positiva, non avendo noi un passato da colonizzatori di quel paese, ma essendo anzi all’epoca una comunità minoritaria rispetto agli stessi colonizzatori francesi. Per tutte le ragioni brevemente elencate, per molti tunisini l’Italia rappresenta la porta dell’Europa e permangono tante ragioni, economiche, affettive e culturali che li spingono a guardare a noi.

Ebbene, chi c’era a rappresentare l’Italia sabato scorso al funerale di Essebsi? Non c’era Conte, non c’era Salvini, non c’era Di Maio. C’era, molto defilato, il nostro Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, della cui presenza non si trova peraltro traccia né sul sito del MAE né sugli organi di stampa tunisini. C’erano invece il presidente portoghese Marcelo Rebelo de Sousa, quello maltese George Vella, il presidente palestinese Abu Mazen, il presidente del consiglio presidenziale libico Fayez al Sarraj, l'emiro del Qatar Al Thani, il presidente francese Emanuel Macron, il Re di Spagna Filippo VI (e altri ancora): tutti in prima fila, diversi di loro hanno anche fatto interventi molto apprezzati. Tutti a portare il loro cordoglio ma, ovviamente, anche a confermare o cercare spazi e relazioni per i propri paesi. Da segnalare, sempre in Italia, anche l'assenza di reazioni da sinistra, pochissimi articoli e ancor meno commenti da parte di politici, giornalisti e intellettuali.

Nulla è avvenuto anche in ambito regionale; e in questo caso non ci sarebbe stato nulla di male nella presenza di un rappresentante della Regione Sardegna, come simbolo di amicizia e vicinanza storica e attuale.

In Sardegna e in Italia si dice ormai da anni che siamo un “ponte verso l’Africa”, che esiste “una naturale vicinanza e comunanza di popoli” ecc.; poi però, all’atto concreto, la dimostrazione di vicinanza viene a mancare. La politica estera è fatta anche di gesti e segnali che incidono nelle relazioni (culturali, amicali e economiche) e le assenze pesano molto più delle astratte affermazioni di stima.

Filippo Petrucci
© Riproduzione riservata