Noa Pothoven si è lasciata morire di fame e di sete. Nessuna morte assistita da un team medico, nessuna eutanasia, per cui la giovane aveva fatto richiesta senza ottenere l'ok. Un suicidio consumato in casa, con il consenso dei suoi familiari.

Lo aveva scritto su Instagram un paio di giorni prima della morte: ""Voglio arrivare dritta al punto: entro un massimo di 10 giorni morirò. Dopo anni di continue lotte, sono svuotata. Ho smesso di mangiare e bere da un po' di tempo, e dopo molte discussioni e valutazioni, ho deciso di lasciarmi andare perché la mia sofferenza è insopportabile. Respiro, ma non vivo più".

È stato il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, il primo a dirlo: "L'Olanda ha autorizzato l'eutanasia su una 17enne? Falso. L'aveva rifiutata. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, con i familiari consenzienti".

"Anche in Italia si può decidere di morire di fame e di sete, nessuno può essere costretto da alcuna autorità all'idratazione e nutrizione forzata, a meno di Trattamento Sanitario Obbligatorio" su persona incapace di intendere e volere", ha aggiunto Cappato.

Nel 2018 la commissione olandese aveva rigettato la richiesta di Noa, che all'epoca dichiarò: "La domanda è stata rifiutata perché sono troppo giovane e avrei dovuto prima affrontare un percorso di recupero dal trauma psichico fino ad almeno 21 anni. Sono devastata, non posso aspettare così a lungo".

Intanto il ministero della Salute ha avviato un'ispezione sanitaria "per verificare se è necessario aprire un'inchiesta sul caso". Ispezione che non riguarda l'eutanasia, ma che si occuperà di accertare "il tipo di cure ricevute da Noa, e se ci sia stato qualche errore nei trattamenti somministrati".

"La morte di Noa è una grande perdita per qualsiasi società civile e per l'umanità. Dobbiamo sempre affermare le ragioni positive per la vita", così ha commentato il caso la Pontificia Accademia per la Vita.

(Unioneonline/L)
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