Dopo la Tav, a portare venti di crisi nell'esecutivo giallo-verde è la nuova "Via della Seta".

Settimana prossima il premier Conte firmerà un memorandum insieme al presidente Xi Jinping, un documento che prevede maggiore cooperazione con Pechino, cosa che preoccupa gli Stati Uniti e non solo.

Secondo Giuseppe Conte, pur aderendo al progetto voluto dalla Repubblica popolare, l'Italia resta inserita nel contesto europeo, collocata nella prospettiva europea ed atlantica, aprendo una strada nuova verso Oriente. Le opposizioni, però, parlano di "svendita dei sovranisti".

Per il vicepresidente di FI, Antonio Tajani, l'esecutivo è pronto a dare parte del nostro debito pubblico ai cinesi, offrendo in cambio i porti di Genova e Trieste come approdo della nuova via della Seta. Il vicepresidente dell'Emiciclo di Strasburgo, proclamandosi "sovranista europeo", auspica che l'Italia non diventi "una colonia di Pechino".

Da Bruxelles, la Commissione Ue ha intanto ricordato che le relazioni con la Cina vanno affrontate con la piena unità di tutta l'Unione. E secondo il vicepresidente Jyrki Katainen, in particolare, l'iniziativa cinese fornisce certo finanziamenti e progetti, ma "significa che gli Stati membri dovranno poi rimborsare: non c'è nulla di gratuito".

La realtà dei fatti, comunque, è un'altra: già 13 Paesi europei hanno firmato il memorandum con Pechino. Sono Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia.

Il responsabile dell'Economia Giovanni Tria parla di "una tempesta in un bicchier d'acqua", mentre il collega allo Sviluppo economico, Luigi Di Maio, sottolinea che la via della Seta non porta a nuove alleanza geopolitiche. La motivazione è semplicemente economica: "Dobbiamo riequilibrare il livello di import ed export con la Cina, in questo momento la bilancia pende clamorosamente dal lato della Cina". E il nuovo accordo, secondo l'esecutivo dovrebbe aggiustare la rotta.

Confindustria, da parte sua, dice sì all'accordo con la Cina, sottolineando però che non dovranno esserci strappi con i partner strategici tradizionali come gli Stati Uniti e, soprattutto, d'intesa con l'Europa. Il presidente Vincenzo Boccia, in particolare, dice che "è evidente che accordi bilaterali troppo spinti non aiutino l'Italia: occorre equilibrio".

(Unioneonline/v.l.)
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