C'è fermento nella politica britannica ancora alle prese con il processo di uscita dall'Unione europea, in seguito al referendum sulla Brexit.

La premier Theresa May ha dichiarato che il suo governo sta lavorando "in modo durissimo, anche di notte", per elaborare i termini definitivi dell'accordo di Brexit, con l'obiettivo di rendere l'addio il meno traumatico possibile.

L'obiettivo è lasciare, ma senza compromettere le relazioni commerciali con il Vecchio continente, anche per non scatenare il panico sui mercati.

A Londra, però, sono in molti, anche nel partito conservatore, a temere che alla fine la numero uno di Downing Street porti a casa un'intesa al ribasso, troppo favorevole, anche e soprattutto in termini economici, all'Ue.

A guidare gli scettici è l'ex ministro degli Esteri Boris Johnson, che ha addirittura invocato la necessità di mettere in atto un "ammutinamento" nei confronti della linea di Theresa May. "Dobbiamo impedire che il Regno Unito diventi una colonia dell'Unione europea", ha tuonato Johnson, che della Brexit è stato uno dei principali fautori.

Altra dura di presa di posizione è quella di Jo Johnson, fratello di Boris. A differenza di quest'ultimo è un convinto oppositore della Brexit, ma anch'egli è convinto che seguire la May "ci lascerebbe intrappolati in una relazione subordinata". Per Jo, dunque, l'unica soluzione è quella di un nuovo referendum.

Insomma, la May lavora sì giorno e notte, ma sulla graticola. E i tempi stringono.

Un summit decisivo potrebbe essere quello del 13 dicembre. Le parti, però, sono convinte di poter chiudere prima, forse già questa settimana.

(Unioneonline/l.f.)
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