"Ho deciso di essere qui non solo per affermare la verità dei fatti, ma anche per voltare pagina e affrontare con forza la volontà di andare oltre, affrontando un presente pieno di incognite e guardando alle sfide del futuro".

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana, dopo l'annuncio delle opposizioni di mozioni di sfiducia, si difende nell'Aula del Consiglio regionale sulla vicenda della fornitura, poi trasformata in donazione, di camici da parte della Dama spa, di cui è proprietario il cognato Andrea Dini.

"Ho riflettuto molto sull'opportunità di intervenire in quest'aula, soprattutto per la preoccupazione di dare ulteriore cassa di risonanza a polemiche sterili, inutili, strumentali oltre che lesive della mia persona e del ruolo che ricopro", ha esordito Fontana, indagato per frode nelle pubbliche forniture.

L'inchiesta di Report, da cui poi è partita quella della magistratura, "è stata annunciata con toni scandalistici" e "io non posso tollerare che si dubiti della mia integrità e di quella dei miei familiari: il mio coinvolgimento, se di coinvolgimento si può parlare, è quello qui illustrato, nulla di più né di meno, se non il fatto che Regione Lombardia non ha speso un euro per i 50mila camici".

"Ogni euro raccolto e speso" da Regione Lombardia durante l'emergenza coronavirus, ha aggiunto, "ha una sua giustificazione, motivazione e una rendicontazione".

Della commissione negoziata tra Dama e Aria, la società deputata agli acquisti della Regione, "non ho saputo nulla fino al 12 maggio scorso. Sono tuttora convinto che si sia trattato di un negozio del tutto corretto ma ho chiesto a mio cognato di rinunciare al pagamento per evitare polemiche e strumentalizzazioni".

Poi, con un bonifico alla Dama per 250.000 euro, cioè gran parte del mancato profitto al quale il cognato è andato incontro, "ho pensato di partecipare personalmente alla copertura". Il pagamento non è mai partito perché la banca lo ha segnalato come sospetto ma, ha detto Fontana, era un "risarcimento".

"Avevo spontaneamente considerato di alleviare in qualche modo l'onere dell'operazione, partecipando personalmente, proprio perché si trattava di mio cognato, alla copertura di una parte di quell'intervento economico. Si è trattato di una decisione spontanea, volontaria e dovuta al rammarico nel constatare che il mio legame di affinità aveva solo arrecato svantaggio ad un'azienda legata alla mia famiglia. E così quel gesto è diventato sospetto, se non addirittura losco", ha spiegato Fontana.

"A causa di tutti questi attacchi - ha concluso - Regione Lombardia ha subito un grave contraccolpo a livello di reputazione" determinando "un sentimento negativo" e "arrivando a mettere in discussione un'eccellenza, quella del sistema sanitario lombardo, riconosciuto a livello nazionale e internazionale".

(Unioneonline/D)
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