Anche le mafia hanno tratto "arricchimento ed espansione" dalla paralisi economica causata dalla pandemia coronavirus. È l'allarme contenuto nella Relazione semestrale che la Dia ha inviato al Parlamento in cui un intero capitolo viene dedicato all'emergenza Covid-19.

Il rischio, spiegano gli analisti, è che le mafie allarghino il loro ruolo di "player affidabili ed efficaci" a livello globale, mettendo le mani anche su aziende di medie e grandi dimensioni in crisi di liquidità.

Da un lato, infatti, le organizzazioni si fanno carico di fornire un "welfare alternativo" a quello dello Stato, una sorta di "valido e utile mezzo di sostentamento e punto di riferimento sociale"; dall'altro lavorano per "esacerbare gli animi" in quelle fasce di popolazione che cominciano "a percepire lo stato di povertà a cui stanno andando incontro".

Due gli scenari prospettati: uno - di breve periodo - in cui le organizzazioni punteranno "a consolidare il proprio consenso sociale attraverso forme di assistenzialismo, anche con l'elargizione di prestiti di denaro, da capitalizzare" alle prime elezioni possibili; l'altro - di medio-lungo periodo - in cui le mafie, e la 'Ndrangheta in particolare, "vorranno ancora più stressare il loro ruolo di player affidabili ed efficaci anche su scala globale".

"Non è improbabile - spiega la Dia - che aziende di medie e grandi dimensioni possano essere indotte a sfruttare la generale situazione di difficoltà per estromettere altri antagonisti al momento meno competitivi, facendo leva su capitali mafiosi". Non solo: non è improbabile che "altre aziende in difficoltà" ricorrano ai finanziamenti delle cosche.

I settori a rischio sono quello sanitario ma anche quello turistico, la ristorazione, i servizi legati alla persona.

La soluzione prospettata è quella di proteggere dall'attacco dei capitali mafiosi "che potrebbero arrivare anche dall'estero" i settori sociali ed economici.

ENTI SCIOLTI PER MAFIA - Ad oggi sono 51 gli Enti locali sciolti per infiltrazioni mafiose, un numero che non è mai stato così alto dal 1991, anno di introduzione della relativa normativa. Solo nel 2019 sono stati 20 tra Consigli comunali e Aziende sanitarie provinciali.

Dei 51 Enti, 25 sono in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e uno in Basilicata.
© Riproduzione riservata