In "casi simili" le conseguenze sono "molto più gravi del semplice impossessamento dei beni" della vittima, perché "quest'ultima può subirne un serio danno psicologico in termini di vergogna e di perdita di autostima".

È con queste motivazioni che il gup di Milano Guido Salvini ha deciso di non sospendere la pena di 2 anni e 6 mesi inflitta a una ventenne nomade che, con l'aiuto di una minorenne, è riuscita ad entrare nella casa di un 73enne, che l'aveva contattata su un sito di incontri, e dopo averlo narcotizzato gli ha portato via gioielli, cellulari e tablet.

Il 6 novembre del 2018, l'anziano aveva contattato su una piattaforma on line la giovane di origine romena (difesa nel processo abbreviato dal legale Alberto Poli) per organizzare un incontro.

Il giorno dopo si erano visti in una pizzeria e con la 20enne c'era anche una ragazza minorenne.

Erano saliti, poi, in casa dell'uomo e le due donne si erano messe a preparare un caffé.

"Una delle due ragazze - scrive il gup - quando il caffè era pronto si alzava e coprendo con la sua figura quanto stava facendo versava e porgeva il caffè". Il 73enne "dopo circa 10 minuti gradualmente cominciava a non riuscire più a tenere gli occhi aperti fino a quando si addormentava di colpo".

Si svegliava solo dopo circa due ore e "constatava l'assenza delle due donne e che l'appartamento era stato messo a soqquadro". Nella sentenza si legge che l'anziano sarebbe stato probabilmente narcotizzato, anche se l'imputata ha cercato sempre di negare di aver versato sonnifero nel caffé. Nel telefono della 20enne, però, sono state scoperte conversazioni via chat con altri anziani. È possibile, dunque, che abbia compiuto altre rapine dello stesso genere non denunciate dalle vittime "per vergogna".

Per il gup, dunque, l'imputata non merita il beneficio della sospensione della pena, anche se il quadro potrà cambiare in appello se la giovane continuerà a seguire il percorso di recupero in una comunità, iniziato agli arresti domiciliari.

(Unioneonline/F)
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