"Sono orgogliosa della mia indipendenza. Faccio la cameriera e magari non era il lavoro che sognavo, ma ci pago l'affitto e le bollette, e la sera posso uscire e incontrare chi voglio".

A partlare è Farah Tanveer, la ragazza di origine pakistana che un anno e mezzo fa venne riportata con l'inganno da Verona in patria, dove il papà la costrinse ad abortire il bimbo di cui era incinta, concepito con il suo fidanzato.

La 21enne ha parlato per la prima volta al Corriere del Veneto: "Un giorno mi sposerò, o forse no, ma di sicuro, se dovesse accadere, sarà con una persona che amo e che non mi tratterà come un oggetto di sua proprietà".

Ha ricostruito la terribile vicenda che l'ha vista protagonista nel maggio 2018. La sua famiglia tradizionalista non accettava la gravidanza e la portò in Pakistan con la scusa del fidanzamento del fratello. Poi l'incubo: violenze fisiche e maltrattamenti, fino all'aborto contro la sua volontà.

Di nascosto la ragazza riuscì a inviare degli sms al fidanzato, dando così il via all'operazione del governo che la riportò a Verona.

Ricorda bene l'arrivo degli agenti: "Entrarono in casa e mi invitarono a seguirli, semplicemente. Mamma era terrorizzata da ciò che avrebbero pensato i vicini vedendomi andare via coi poliziotti e mi implorò di negare tutto. Mi promise che sarei tornata in Italia e che avrei potuto sposare Cristian. Ma io scelsi di andar via con la polizia, e la guardai mentre piangeva. Ero salva, e avevo dato un taglio definitivo a quel rapporto malato".

La storia d'amore con Cristian è finita: "Continuo a volergli bene, ma ciò che abbiamo vissuto ci ha cambiati".

Farah ha anche testimoniato in tribunale contro suo padre, denunciato per maltrattamenti: "Per lui io sono una vergogna, ma questo mi lascia indifferente. Ora quell'uomo non può più ferirmi".

(Unioneonline/L)
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