Lavorava 14 ore al giorno - dalle 5 del mattino alle 7 della sera - con una paga di un euro e mezzo all'ora. Senza riposo né ferie, viveva in una masseria e dormiva su un giaciglio di fortuna. Letteralmente ridotto in schiavitù.

Vittima del trattamento disumano un giovane pastore di 20 anni, originario del Gambia, schiavizzato dai suoi datori di lavoro che sono stati arrestati questa mattina a Tuturano (Brindisi) dagli uomini della task force anti caporalato.

A finire in manette un uomo di 51 anni, Adriano Vitale, e la sua convivente 37enne Patrizia Carrozzo, titolare della masseria: intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro i reati contestati.

Gli investigatori hanno definito "disumane" le condizioni di vita del giovane pastore, "ridotto in schiavitù", senza "alcun diritto".

Il giovane africano faceva pascolare circa 400 animali la mattina e il pomeriggio, e si occupava della mungitura e della pulizia delle stalle.

Gli era stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari scaduto a maggio scorso.

Nella masseria, invece, aveva iniziato a lavorare a maggio 2018. Stando a quanto accertato in fase di indagine Vitale, approfittando della scarsa conoscenza dell'italiano e facendo leva sul bisogno del giovane di avere un lavoro per restare in Italia, lo aveva impiegato nell'azienda della Carrozzo.

Il 20enne si fidava di entrambi e lei, la Carrozzo, gli aveva fatto credere di essere stato regolarmente assunto da un'altra azienda agricola della zona. L'amministratore di quest'ultima, complice dei due aguzzini, è stato denunciato.

A carico degli indagati sono state anche accertate violazioni in materia di reati ambientali, sversavano e bruciavano materiale plastico e biologico proveniente dalle pulizie delle stalle.

(Unioneonline/L)
© Riproduzione riservata