"In questo scatto io e mia sorella ci godiamo il vento sul ponte esterno del Moby Prince; sono gli ultimi giorni di agosto del 1990".

Karim Qqru, il batterista degli Zen Circus, dedica un post su Instagram alla tragedia del Moby Prince, il traghetto che nel 1991 entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, provocando la morte di 140 persone.

Cuccuru, che nella sua vita si divide tra la Sardegna e la Toscana, ricorda come quel disastro - avvenuto solo otto mesi dopo lo scatto della foto - per lui, che aveva solo nove anni, fu un trauma.

"Conoscevamo quel traghetto a memoria in ogni suo singolo pertugio, lo avevamo preso molte volte per fare la tratta Livorno-Olbia, e lo amavamo".

Le vittime, scrive, "morirono in gran parte all'alba, attaccati gli uni con gli altri all'interno del salone Deluxe: madri e padri che tenevano stretti i figli per proteggerli, fino allo stremo, per poi morire intossicati dal monossido di carbonio, dopo aver aspettato disperatamente i soccorsi per OTTO ORE. Tutto questo a pochi metri dal porto di Livorno. Una città che dalla Terrazza Mascagni vedeva una nave in fiamme senza capire cosa stesse succedendo e perché, nonostante le numerose chiamate fatte alla Capitaneria e ai Vigili del Fuoco, nessuno si dirigesse nella rada per salvarli".

"Una storia questa che ha colpito nel profondo ogni livornese ed ogni sardo, ma che dopo 28 anni rimane sconosciuta a molti, anche se il lavoro encomiabile, coraggioso e sfiancante dell'Associazione 10 aprile e di alcuni giornalisti fa sì che non cada totalmente nel dimenticatoio".

"In tempi di complottismi ossessivi e ad cazzum sparati ovunque e rilanciati anche dai grandi media (terrapiattisti e roba infima del genere), vedere che uno dei più grandi misteri italiani di sempre (con decine di incongruenze, messaggi radio intimidatori, false testimonianze ed occultamenti di prove documentate in sede processuale, non all'università della vita sul web) sta svanendo dalla memoria storica fa venire il male all'anima".

(Unioneonline/D)
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