"Metà ottobre 2020. Ho iniziato a sentirmi male, qualche linea di febbre, stanchezza, sonnolenza. Sono finito in ospedale, al Santissima Trinità. Ci sono rimasto 40 giorni (17 in terapia intensiva), dopo la positività al Covid. Tremendo, terribile. Una esperienza difficile ma che mi ha dato tantissimo. In ospedale ho conosciuto la sofferenza, ma anche la grandezza dei nostri medici e dei nostri infermieri. Grandi professionalità, ma soprattutto tanta umanità".

Vincenzo Locci, 57 anni, racconta la sua esperienza col Covid. Tra gli anni Ottanta e Novanta è stato consigliere comunale di Sinnai col Partito comunista italiano, durante il mandato dei sindaci Paolo Tronci e Tarcisio Anedda. E' stato anche un buon calciatore (attaccante), con le maglie del Sinnai e del Villacidro. Dipendente della società del presidente del Cagliari Giulini, con lavoro ad Assemini, Locci, avverte ancora qualche strascico dopo essere uscito dal tunnel.

"Ho qualche problema ad un braccio, i movimenti delle dita sono ancora farraginosi. Affanno con facilità. Ma sto migliorando. Spero di recuperare tutte le mie forze al più presto. Ma credetemi, il Covid è terribile e lascia il segno".

Locci dopo il ritorno a casa (Foto Andrea Serreli)
Locci dopo il ritorno a casa (Foto Andrea Serreli)
Locci dopo il ritorno a casa (Foto Andrea Serreli)

Tutto è iniziato nell'ottobre dello scorso anno, in piena pandemia. Vincenzo Locci, racconta tutto con grandissima commozione. "Un giorno in rianimazione, mi è sembrato persino di vedere il mio babbo, morto a marzo di un anno fa. Mi sono anche confidato col sacerdote dell'ospedale, don Elenio. Gli ho raccontato quello che mi era sembrato di aver visto. Mi ha risposto: 'Gli angeli esistono'".

I giorni in ospedale sono trascorsi lenti, fra speranze e la paura di non farcela.

"Di paura ne ho avuta tanta. Mi è capitato di stare proprio male con quel casco salvavita diventato parte di me. Ho visto gente morire. Terribile. Ho visto infermieri e medici dare tutto. Non mi è stato fatto mancare nulla. Di una infermiera, ricordo solo gli occhi. Una donna, forse sui 45 anni".

"Un giorno - prosegue Locci - si è avvicinata con una lametta portata da casa sua: mi ha fatto la barba, mi ha anche accorciato i capelli. Mi ha assistito come una sorella. Ho conosciuto i veri valori della vita, la bontà della gente. Impossibile dimenticare. Ringrazio davvero tutti: dagli uomini e donne delle pulizie agli infermieri e ai medici. Li chiamano eroi. Lo sono stati e continuano ad esserlo. A novembre sono tornato a casa, sto facendo ancora terapia. Ringrazio anche il mio medico di famiglia, il dottor Antonio Nevisco. La ripresa non è facile. Ma ho la forza per riprendermi. Grazie a Dio, grazie a chi ha pregato per me, grazie al personale dell'ospedale".

Come si è ammalato? "Non l'ho mai capito, ci ho pensato mille volte, seguendo le mie frequentazioni. Il Covid è una brutta bestia. Dico a tutti, soprattutto ai giovani, di stare attenti, di seguire rigorosamente le norme sulla sicurezza sanitaria, imposte dal protocollo sul coronavirus".
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