Una costa selvaggia di macchia mediterranea, chilometri di spiaggia bianca che guarda un mare cristallino, vacche al pascolo, ginestre ovunque a colorare un paesaggio incontaminato protetto da un verde promontorio.

Nel 1962 Guido van Alphen e Marcel Stoffelen videro così Costa Rei. Poco più che ventenni, originari della zona di Aversa, si erano messi in testa di realizzare nel sud dell'Isola ciò che Karim Aga Khan stava realizzando in Gallura dopo aver acquistato 1200 ettari di terra. Figli di una generazione che avdva colonizzato il Congo ed era stata costretta a fuggire portandosi dietro il mal d'Africa, cercavano luoghi selvaggi dove investire e l'idea di trovare aree a prezzi stracciati come quelle che aveva trovato l'imam ismailita li stimolava. Era stato il padre di Van Alphen, agente immobiliare, a suggerire di cercare in Sardegna. Se Karim aveva trovato occasioni al Nord, ci doveva essere altro in un'isola con 1.850 chilometri di costa. Stoffelen, già esperto di investimenti immobiliari avendo comprato qualche anno prima alcune aree nella zona di Valencia, era l'accompagnatore ideale. Partirono con una Bmw 1500 e due milioni di lire in una valigia. La berlina tedesca li portò da Bruxelles a Genova, e poi in nave a Porto Torres. La prima tappa fu Alghero, che già in quegli anni aveva un'idea di che cosa fosse il turismo, poi si diressero verso sud, dal litorale di Bosa all'Oristanese. Ma non era quella la costa che stavano cercando. Decisero di puntare su Cagliari dove avevano un appuntamento con un intermediario, Pietro Valerio. Alloggiarono all'hotel Moderno, uno dei tre hotel della città, e visitarono la costa sud occidentale, che non li colpì, poi passarono sull'altro versante e ne restarono affascinati. Percorrendo la strada panoramica per Villasimius, con il loro accompagnatore si fermarono in un promontorio dal nome suggestivo, Torre delle Stelle, sul quale proprio un belga aveva acquistato vaste aree per realizzare un primo investimento turistico. C'erano molte aree disponibili ma erano troppo care per van Alphen e Stoffelen. Così contattarono un altro intermediario e che parlò loro di due famiglie di Villagrande Strisaili, Demurtas e Mighela, che avevano messo in vendita un po' di terra in una località sulla costa sud-orientale che sulle carte militari della zona era indicata da una parte col nome di Piscina Rei e da un'altra Sa Punta Rei. Superata Solanas, da dove la strada, sino a quel punto asfaltata, diventava bianca e dissestata, raggiunsero Villasimius, borgo di pescatori ed ex carbonai. Un luogo poverissimo dove c'erano un piccolo hotel-ristorante, la Stella d'Oro, un bar-emporio e un distributore di benzina. Le fognature, costruite con pietrisco di mare, passavano in mezzo alle strade ma fuori dal paese le coste erano bellissime. Era ciò che cercavano: "Era la terra che più somigliava all'Africa, la più selvaggia e affascinante, tutta da valorizzare", raccontò anni dopo van Alphen.

Ma non era lì che si trovavano i terreni segnalati dal loro intermediario. Presero una strada bianca verso l'interno, passarono a San Pietro, che collegava Castiadas con il mare, e seguirono una carreggiata per buoi lungo la spiaggia dove lasciarono la Bmw. Proseguirono a piedi sino a una collinetta chiamata Monte Turnu e da lì ammirarono uno spettacolo che non avrebbero mai dimenticato. Era il posto che avevano sognato. La trattativa fu breve: 80 ettari di terreni utilizzati a pascolo per capre e buoi sino a Capo Ferrato costavano 200 lire al metro quadro. Un affare da 160 milioni. Ma van Aphen ne aveva solo due. L'idea era di tornare in Belgio e vendere i lotti ai suoi connazionali e con quelli saldare i conti. La pubblicità dell'investimento sui giornali belgi suscitò subito molto interesse: tanti ex coloni rientrati in patria dal Congo avevano soldi da investire o volevano tornare al sole e Costa Rei sembrava il posto perfetto. In Belgio Van Alphen trovò due soci: Eddy Schillemans e Frans Verhoeven, che voleva trasferirsi in Sardegna e ripartire da zero con un villaggio turistico al caldo del Sud. Costituirono la "Costa Rei spa". Per saldare l'acquisto dei terreni, proposero ai villagrandesi di cederli direttamente ai nuovi acquirenti mentre la loro società assunse il ruolo di intermediario. Nella primavera del 1964 van Alphen sposò in Belgio la ventunenne Cory e ritornò subito in Sardegna per accelerare sul progetto immobiliare. Schillemans iniziò a costruire un albergo, van Alphen e Verhoeven si dedicarono a un'operazione immobiliare che prevedeva la costruzione di un villaggio con decine di ville. Ma i problemi saltarono fuori uno dopo l'altro. Bisognava infrastrutturare, costruire i sottoservizi, realizzare la strada dal bivio di San Pietro sino ai loro terreni, costruire un ponte, una linea elettrica. Per l'acqua ci pensò un rabdomante che trovò ben tre pozzi. Van Alphen riceveva i clienti ad Elmas e li accompagnava a vedere la zona. Prima dell'estate del 1965 erano pronti l'albergo con un ristorante, alcune villette del villaggio, un bar-negozio e una piscina con acqua di mare.

Schillemans attendeva un contributo della Regione, che in quegli anni distribuiva i primi finanziamenti per favorire il turismo, ma non aveva fatto i conti con la burocrazia. I soldi non arrivarono, i rapporti con Verhoeven si guastarono, Stoffelen si mise per conto proprio. Ma il vero dramma che segnò l'inizio della fine di quel sogno fu la cosiddetta legge "Ponte" sulle lottizzazioni balneari. Il Comune di Muravera non poteva dare le concessioni edilizie perché non esisteva alcun piano di lottizzazione per Costa Rei. In mancanza delle autorizzazioni non si potevano più vendere altri terreni e quindi incassare i soldi necessari a saldare il debito con i vecchi proprietari. Un problema che si pose anche per altre aree che nel frattempo avevano acquistato da altri proprietari nelle zone di Monte Nai e di Piscina Rei. In attesa del piano di lottizzazione il padre di van Alphen, che si era imbarcato in un'operazione disastrosa a Porto Conte, vicino ad Alghero, fallì. E mancò la liquidità che serviva per proseguire le operazioni di Costa Rei. Fu il tracollo.

I clienti belgi venivano in Sardegna solo per lamentarsi o vedere cosa potevano salvare dal fallimento, sulla stampa belga comparvero articoli allarmanti dal titolo "Chateux en Sardaigne", un gioco di parole per dire castelli in aria. Guido van Alphen si ritrovò in bolletta, inseguito dai creditori e dagli acquirenti. Disperato, per sopravvivere faceva il cuoco ma sperava di riprendere quell'operazione. Alla fine del 1971 arrivò la mazzata finale. Un giorno bussò a casa sua, a Cagliari, l'ufficiale giudiziario: aveva una montagna di debiti e non aveva più un soldo. Gli sequestrarono i mobili lasciandogli solo la camera da letto. Era la fine del suo sogno. Van Alphen lasciò la Sardegna ma Costa Rei, la sua creatura, è cresciuta, persino troppo, ed oggi è una delle località turistiche più ambite. Soprattutto dalle famiglie belghe e tedesche.
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