Il portafoglio, aperto senza vergogna, è tristemente vuoto e tradisce il suo stato di estrema povertà.

Le speranze di Paolo Succa, disoccupato di Nuraminis, erano riposte nel reddito di cittadinanza. Nella speciale carta postamat gialla destinata ad accogliere il sussidio statale Succa si è visto caricare la miseria di 42 euro.

I debiti del sessantaduenne, un matrimonio finito alle spalle, per pagare le bollette elettrica e dell'acqua e i generi di prima necessità acquistati in un market di Nuraminis, rimarranno così insoluti chissà per quanto tempo ancora.

La beffa

«Sono deluso: aspettavo la carta e il reddito di cittadinanza per saldare i debiti ma non potrà essere così. Cosa faccio con 42 euro al mese?», si sfoga Succa, che fatica a comprendere il calcolo (a partire dall'attestato Isee di circa 4 mila e 500 euro) che ha portato all'erogazione del bonus così basso. Disoccupato dal 2011, Paolo Succa ha la fortuna, almeno quella, di poter vivere nella casa che è stata dei genitori. «Altrimenti, come molti uomini separati, sarei stato costretto ad andare a stare sotto un ponte», dice laconico.

La domanda

Il sei marzo scorso, le impiegate dell'ufficio postale di Nuraminis lo hanno aiutato nella compilazione della domanda per l'ottenimento del reddito di cittadinanza che nelle sue speranze lo avrebbero dovuto traghettare dalle secche della povertà ad una situazione dignitosa. «Il 20 aprile nella mia carta sono stati caricati 42 euro e 83 centesimi», rivela Paolo Succa, deluso dalla misura che avrebbe dovuto ridare fiato al suo stato di indigente.

La storia

L'ex muratore emigrato per trent'anni tra Val D'Aosta, Piemonte e Francia prima di tornare in Sardegna, povero era e povero rimane. E anche un taglio di capelli dal barbiere e una bistecca a cena rimangono desideri.

Paolo Succa, dopo gli anni dell'emigrazione, è rientrato a Nuraminis, il suo paese natale, una decina d'anni fa. Proprio in coincidenza con la crisi. Lavoro poco, e in nero. «Sono andato avanti con qualche giornata di lavoro come muratore o in campagna», conferma Succa, che presto ha bussato alla porta dei Servizi sociali del Comune. Risultato: tre mesi in un cantiere comunale nel 2017, poi più nulla.

La luce in fondo al tunnel, che doveva arrivare col reddito di cittadinanza, non si è accesa. «Mi aspettavo almeno 500 euro: ci contavo per vivere dignitosamente. Invece sono arrivati 42 euro, mi sento preso in giro dallo Stato».

Ignazio Pillosu

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