Il primo paziente oristanese risultato positivo al Covid 19 ha sempre seguito le procedure. E anzi "è vittima di un sistema sanitario forse impreparato a far fronte all’emergenza".

Lo sostiene il suo legale, l’avvocato Gianfranco Siuni pronto a tutelare l’onorabilità del paziente e a chiedere un risarcimento dei danni morali e materiali.

Il legale ripercorre la vicenda da quando l’uomo è rientrato a Oristano da un viaggio di lavoro a Milano. "Non aveva alcun sintomo, la febbre è comparsa il 25 febbraio scorso e da allora è sempre rimasto in isolamento volontario a casa sua".

Con l’aggravarsi dei sintomi, la moglie ha chiamato il numero verde di emergenza.

"Il giorno seguente l’uomo è stato contattato telefonicamente dal medico appositamente incaricato, dottoressa M., alla quale venivano indicati dal paziente tutti i sintomi (astenia, debolezza, tosse, febbre e dolore al torace). La conversazione terminava con ampie rassicurazioni da parte della dottoressa M. che ribadiva al paziente e ai suoi familiari di non preoccuparsi, in quanto a suo parere non si trattava di Corona Virus 'in considerazione della tipologia dei sintomi e del fatto che Milano non fosse considerata zona rossa ma gialla'. Tale diagnosi veniva confermata anche dal medico di base il 2 marzo che dopo una visita riscontrava una semplice bronchite e prescriveva una cura antibiotica".

Il legale ricorda ancora che il cinquantatreenne non è mai stato sottoposto ad alcuna imposizione di quarantena obbligatoria né da parte della dottoressa M. ("che nonostante le ripetute sollecitazioni anche da parte della moglie non lo ha mai visitato, così come non ha mai incaricato altro personale medico per verificare de visu la situazione del paziente come le circostanze avrebbero imposto", ricorda Siuni) né dal medico di base.

"Il mio assistito fin dalla comparsa del primo sintomo febbrile è sempre rimasto nella sua abitazione senza mai mettere il naso fuori dalla porta – scrive l’avvocato in una nota - tutti gli sproloqui apparsi sul web che vedevano il mio assistito beatamente in giro per le strade oristanesi, incurante del rischio di mettere in pericolo la salute degli altri cittadini, sono palesemente falsi e diffamatori".

Il culmine del linciaggio mediatico viene raggiunto con la diffusione via Whatsapp di un messaggio vocale (che verrà sottoposto all’attenzione della Procura) nel quale l’uomo viene apostrofato con appellativi quali “sconsiderato”, “scellerato”, che, avendo “omesso di dire che era stato a Milano”, sarebbe “andato in giro per la città per due settimane con l’influenza”, quindi era un “criminale”, al quale si augurava, in caso di sopravvivenza, “di finire in carcere a Massama in regime di 41 bis”, notoriamente riservato ai mafiosi. <L’unica colpa del paziente è quella di essersi attenuto scrupolosamente alle prescrizioni dategli dai sanitari ai quali si è rivolto", va avanti.

Il 5 marzo il medico di base prescrive una radiografia che il giorno successivo viene effettuata nello studio di Francesco Fiorini. "È opportuno ribadire che il paziente si è recato nello studio lasciando la sua abitazione per il tempo strettamente necessario ad eseguire la visita, forte delle rassicurazioni avute sia dal suo medico di base che dal medico del servizio di emergenza, i quali escludevano la riconducibilità della sintomatologia al contagio da Coronavirus".

E ancora: "È opportuno sottolineare che il paziente, ben lungi dal voler ricorrere a sotterfugi o comportamenti reticenti, da ben undici giorni attendeva che un sanitario prendesse seriamente in mano la sua patologia e che già all’atto di prenotazione telefonica della visita, la collaboratrice del professionista veniva subito informata, seppure sommariamente, della sintomatologia febbrile manifestata, dell’urgenza e dell’esigenza di evitare l’attesa all’interno dello studio".

La dottoressa del servizio di emergenza solo il giorno dopo la radiografia ha detto di aver allertato l’unità di crisi che ha imposto la quarantena obbligatoria e prescritto il tampone.
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