Ha potuto lasciare per qualche giorno il carcere di Bad'e Carros per trasferirsi, in permesso premio, nella comunità di don Pietro Borrotzu, il sacerdote che gestisce degli alloggi destinati all'accoglienza dei parenti di reclusi provenienti da oltre Tirreno.

Pierpaolo Contu, oggi quasi trentenne, ha così iniziato dopo otto anni di reclusione (prima ai minori e poi nel normale carcere degli adulti) il percorso di reinserimento che lo potrebbe condurre alla semilibertà, dopo la condanna a 16 anni ricevuta per l'omicidio di Dina Dore, uccisa a Gavoi il 26 marzo 2008 nel garage della sua casa davanti agli occhi della figlia neonata. Era ancora minorenne quando si è trasformato in un killer su commissione - come sancito dalle sentenze - per conto di Francesco Rocca, il marito della donna condannato all'ergastolo.

IL PROFILO FB - La scoperta che il Contu non fosse più in carcere è arrivata da Facebook. Non si sa chi, qualche giorno fa, ha aperto sul social una pagina a suo nome con l'immagine di un dipinto che raffigura un giovane smunto, con il volto oscurato da grandi occhiali da sole che riflettono quelli che, almeno all'apparenza, sembrano essere due teschi.

"Quando mi hanno segnalato quel profilo mi sono molto stupita - rivela Graziella Dore, la sorella della donna uccisa - ho ipotizzato che fosse tornato libero, tanto da poter usare i social. Ma non so come stiano le cose". Impossibile affermare con certezza che la pagina Facebook sia stata creata dal trentenne.

"Il mio assistito sta in una comunità - chiarisce l'avvocato Gian Luigi Mastio -. Non ha mai commesso alcuna infrazione nel suo percorso e ora abita e lavora lì. Questa prima misura, alternativa alla detenzione in carcere, è il risultato dell'osservanza di un programma di recupero particolarmente rigoroso".

IL PERMESSO PREMIO - Impossibile, come già detto, stabilire con certezza chi abbia creato la pagina, ma la conferma che Pierpaolo Contu non sia più in cella è arrivata anche da don Pietro Borrotzu.

"È in permesso premio - racconta - si tratta di una misura prevista dalla legge. Passato un primo lungo periodo di detenzione, su autorizzazione del magistrato di sorveglianza, si inizia ad assaggiare nuovamente la libertà: ma i primi permessi premio, come in questo caso, vengono vissuti in condizioni di arresti domiciliari".

Per alcuni giorni, dunque, il giovane vivrà e lavorerà nella comunità. «La nostra è una casa nata per accogliere e ospitare i familiari dei detenuti di Bad'e Carros che arrivano da lontano - prosegue - diversamente da altre misure, durante questi permessi si può utilizzare il cellulare. E ora i nuovi telefonini hanno anche accesso a internet e ai social, dunque non c'è la restrizione che è invece prevista per chi ha l'articolo 21, quelli che per capirci vanno a lavorare fuori dal carcere e poi rientrano".

Francesco Pinna

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