È l'ultima "primula rossa" del banditismo sardo, l'unico esponente di spicco ancora libero di quel cancro chiamato Anonima sequestri che per decenni ha terrorizzato la Sardegna e il resto d'Italia. Attilio Cubeddu è un reduce, insomma. Solitario sopravvissuto alla lunghissima guerra fra guardie e ladri di uomini che nel tempo ha visto questi ultimi soccombere inesorabilmente, uno dopo l'altro. Tutti, meno che lui.

Giovanni Farina, l'altro carceriere di Soffiantini (Archivio L'Unione Sarda)
Giovanni Farina, l'altro carceriere di Soffiantini (Archivio L'Unione Sarda)
Giovanni Farina, l'altro carceriere di Soffiantini (Archivio L'Unione Sarda)

INSIEME AI BOSS Inserito stabilmente nell'elenco dei cinque latitanti più pericolosi d'Italia stilato dal Ministero dell'Interno - dove oggi a fargli compagnia ci sono quattro super boss mafiosi fra cui il capo dei capi di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro - il suo nome è tornato alla ribalta in questi giorni dopo che l'amministrazione comunale di Arzana, paese dove è nato il 2 marzo di 72 anni fa, ha rinunciato all'assegnazione della casa dove ancora vivono i suoi familiari, nel frattempo definitivamente confiscata dallo Stato. Il sindaco del piccolo centro ogliastrino, Marco Melis, ha poi spiegato che la decisione non è legata al timore di ritorsioni. «È un'abitazione civile di nessun interesse per il Comune e che graverebbe troppo nel nostro bilancio», sono state le sue parole. Anche se poi ha aggiunto anche una motivazione etica: «Non è giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli: in quella casa vivono la moglie disabile, la figlia e i nipoti minorenni. Se dovessimo sfrattarli saremmo costretti a spendere denaro per trovare un altro alloggio».

Giuseppe Soffiantini dopo la liberazione (Archivio L'Unione Sarda)
Giuseppe Soffiantini dopo la liberazione (Archivio L'Unione Sarda)
Giuseppe Soffiantini dopo la liberazione (Archivio L'Unione Sarda)

L'ULTIMO LATITANTE Piccolo di statura ma di fibra granitica, determinato e feroce, «il più cattivo di tutti» secondo l'imprenditore lombardo Giuseppe Soffiantini di cui per 237 giorni fu l'implacabile carceriere, Cubeddu si è guadagnato sul campo la patente di inafferrabile. Formalmente ricercato dal 29 gennaio 1997, quando ottenne un permesso di otto giorni per andare a trovare la moglie e le tre figlie ad Arzana e non fece più rientro nel carcere nuorese di Badu 'e Carros, da 22 anni si fa beffe dello Stato che sulle sue tracce ha sguinzagliato i migliori uomini di polizia, carabinieri, corpi speciali e persino i servizi segreti. Lo hanno cercato ovunque, in Sardegna, dove si pensa sia rimasto per gran parte della sua latitanza, ma anche in Calabria e in Germania, dove vivono due sorelle. Agenti sotto copertura sono andati in Corsica e in Spagna, spingendosi sino al Sud America per verificare anche la segnalazione più generica, ogni soffiata o semplice intuizione. Senza mai trovarlo.

L'elenco dei latitanti più pericolosi
L'elenco dei latitanti più pericolosi
L'elenco dei latitanti più pericolosi

LE TRACCE Dove è finito, dunque, Attilio Cubeddu? Da tempo circolano voci sulla sua morte, ma chi in tutti questi anni non ha mai smesso di cercarlo, cioè l'élite degli inquirenti non solo sardi, è convinto del contrario. Anzi, tanti fra loro sono sicuri che dopo aver partecipato al sequestro Soffiantini, per il quale è stato condannato in contumacia a 30 anni, in realtà non si sia mai allontanato se non per brevi periodi dal suo paese natale, sebbene l'unica cosa passata certamente per le sue mani e trovata ad Arzana è una lettera del 2001 indirizzata al marito della figlia, morto suicida sette anni dopo, in cui lo rimproverava di essere troppo manesco e gli "consigliava" di smetterla. Uno spiraglio per gli inquirenti sembrò invece aprirsi nel 2012, quando un presunto confidente svelò all'allora procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi che Cubeddu raggiungeva Arzana ogni lunedì per incontrare la moglie in cimitero, segnalando la sua presenza con un vaso rosso all'ingresso. Ma per l'ennesima volta anche quella soffiata si rivelò una clamorosa bufala.

La scheda di Attilio Cubeddu sul sito del Ministero
La scheda di Attilio Cubeddu sul sito del Ministero
La scheda di Attilio Cubeddu sul sito del Ministero

LA MANCATA CATTURA In realtà questi 22 anni c'è stato un solo momento in cui si è davvero stati a un passo dalla cattura del latitante arzanese. È la mattina del 10 marzo del 1998 e sui monti della Calvana, nell'Appennino toscano, gli agenti delle Squadriglie di Nuoro e Siderno specialisti nella caccia ai fuggiaschi sono impegnati in una battuta. A guidarli è un giovanissimo Leopoldo Testa, attuale vice questore a Varese, che negli anni successivi farà il capo della Mobile prima a Nuoro e poi a Cagliari. Stanno cercano i banditi e i covi in cui Soffiantini, tornato libero l'8 febbraio di quell'anno dopo il pagamento di 5 miliardi di lire, è rimasto segregato per 9 mesi. Arrivati in prossimità di un rudere denominato "la casa rosa", noto ai pastori della zona per la presenza di un pozzo in cui è possibile fare scorta d'acqua, un agente avvista due incappucciati: uno ha una giacca di colore grigio-verde, l'altro è più basso e indossa un giubbotto color crema. Sono armati di fucile da caccia a kalashnikov. Il poliziotto grida ai due di fermarsi e si prepara a sparare, ma in quel momento, dal sentiero a monte, scorge il resto della squadra che si dirige proprio verso i banditi: i malviventi approfittano di quei secondi di esitazione e scappano. Il giorno dopo i poliziotti trovano gli zaini buttati dai banditi per fuggire più veloci. All'interno una pistola semiautomatica, alcuni serbatoi di munizioni, tra cui due ricurvi per kalashnikov, e 4 foto tessera di Farina. Poco distante, in una piccola radura, viene individuato il luogo dell'ultimo bivacco: accanto ai resti del fuoco c'è una saliera in plastica su cui vengono rilevate le impronte digitali di due persone: sono di Giovanni Farina, che fu arrestato qualche mese dopo in Australia dove si nascondeva sotto falsa identità, e di Attilio Cubeddu, l'ultimo inafferrabile latitante di cui da allora si è persa ogni traccia.
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