La rivista aeronautica dell'epoca, «Le vie dell'aria », non esitò a definirlo «il confine dell'orizzonte». Un'immensa distesa di terra pianeggiante, tra le praterie di Pimpisa e il crocevia de S'Acqua Cotta, a cavallo tra Villacidro e Serramanna, trasformata di punto in bianco, durante l'emergenza della seconda guerra mondiale, nel più vasto campo di aviazione dell'Isola. Nelle carte dei cieli era per tutti, americani, inglesi e italiani il campo di manovra aerea di «Trunconi».

La Luftwaffe a Trunconi

Lo conosceva persino la Luftwaffe, la terribile aviazione tedesca, che già dal 1941, prima della conquista americana dell'aeroporto del Medio Campidano, lo aveva utilizzato per rifornirsi di bombe e carburante prima delle incursioni aeree sulle navi inglesi. La storia aeronautica di Villacidro non è certamente sfuggita a Luigino Fiocco, classe 1950, autocelebrato ingegnere aeronautico, capace di ignorare ogni confine nell'intrapresa di affari ad alta quota. L'uomo calato da Chioggia a Villacidro, alla fine del secondo millennio, era certo che i trascorsi aeronautici della terra degli agrumi lo avrebbero aiutato a sfondare il muro dell'impossibile. Nella rocambolesca e drammatica avventura industriale della capitale del Campidano di mezzo, il caso del signor Fiocco è l'emblema di una Sardegna alla mercè di ogni genere di avventurieri pronti a riempire tasche e casseforti pur di dilapidare sogni a buon mercato. Lo sbarco dell'uomo degli aerei green, stiamo parlando del 1998, nel Paese d'ombre, segna l'inizio dell'avventura para-imprenditoriale di questo signor nessuno che, con una intraprendenza da far arrossire i più spregiudicati attori di provincia, propone a tutti, nessuno escluso, l'idea di rilevare un'azienda in fallimento, la Vilca, e far nascere la sua «Aviotech», con la lunare missione di costruire aerei nella piana industriale tra Villacidro e San Gavino.

Il bottino di Aviotech

In poco meno di tre anni mette in piedi un'operazione che segnerà l'esordio del bancomat della 488/1992, una legge dello Stato che finanzia di tutto e di più. Ci cascano come niente negli uffici statali. Mister Fiocco ottiene uno sull'altro ben otto miliardi di lire dallo Stato italiano. Nel business plan non ci sono mezze misure: soldi per costruire elicotteri e aerei a basso impatto ambientale nella zona industriale di Villacidro. E, giusto per non farsi mancare niente, insieme agli ultraleggeri in fibra di carbonio, aerei spia a decollo rapido, aveva millantato anche la produzione di scocche per le Ferrari. Temendo, forse, il ritorno postumo della Luftwaffe, l'intraprendente produttore di aerei « invisibili», da quello stabilimento, a cavallo tra la Keller e la Snia, non farà uscire mai niente. Le serrande resteranno sempre abbassate. Porterà via solo i soldi. Una montagna, sottratti allo sviluppo concreto di un territorio in affanno di lavoro e futuro.

Bancarotta dei tre mondi

Nel 2015 la storia della fabbrica degli aerei mai decollati, nel capannone dove adesso è ospitata la protezione civile del Medio Campidano, si schianta definitivamente su una sentenza di condanna senza appello: bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita. Quando l'Alta e ultima Corte scrive la sentenza finale il proverbiale incantatore seriale ha già lasciato la Sardegna. Sbarcato in Svizzera replica la proposta. Nello stesso anno fallisce anche in terra elvetica e sparisce con altri soldi in tasca, questa volta non solo italiani. Il produttore di aerei di Villacidro ricompare in Brasile. Non appagato decide di mettere in piedi l'«Avio International holding group». Accordo con le autorità brasiliane per fare a Maringà quello che aveva pianificato tra le spianate industriali alle pendici del Monte Linas: costruire elicotteri. In Sudamerica, però, lo stringono nella morsa della giustizia per un giro di riciclaggio e deve spiccare il volo, questa volta in Cina. Lo porta oltre la Muraglia addirittura un volo di Stato, italiano. Guida la missione l'allora ministro dell'Istruzione Stefania Giannini. Manco a dirlo nuovo accordo commerciale per costruire tre miliardi di euro di elicotteri e aerei. Fiocco è della partita, il suo contratto è di 130 milioni.

Da Monte Linas a Brasilia

Gli uomini della sezione "Catturandi" di Milano il 4 settembre del 2018 lo hanno beccato a Brasilia, dove era già riuscito a farsi finanziare con 200 milioni la costruzione di un aeroporto anch'esso invisibile. Per lui dieci anni, nove mesi e cinque giorni di carcere per i reati di bancarotta fraudolenta, fallimento e appropriazione indebita di fondi pubblici. Senza quegli otto miliardi di lire donati a cuor leggero in terra sarda l'avventura spregiudicata di questo esempio di "prenditore" seriale si sarebbe interrotta molto prima. Ma tant'è. Il caso del signor Fiocco, però, non è l'unico di questa scorribanda che ha segnato in modo indelebile la vicenda industriale del Medio Campidano. Basta guardare dall'alto la zona industriale di Villacidro per scorgere ancora le ferite profonde di immensi capannoni costruiti con una valanga di soldi pubblici abbandonati come in una fuga senza ritorno. Eppure, questo agglomerato industriale, da 558 ettari, 289 lotti in totale è l'unico del sud Sardegna connesso direttamente con il doppio binario, quello tra San Gavino e Cagliari, con potenziale di spazi e volumi già insediati che potrebbero rendere rapido l'insediamento di attività produttive credibili e legate alle potenzialità del territorio. In realtà, invece, le aree macroscopiche del fallimento industriale continuano a restare inutilizzate e abbandonate, in un degrado che limita non poco anche le attività commerciali e artigianali, molto spesso gestite da imprenditori locali che pure, anche se con fatica, si sono insediate nell'area.

Ferite di Stato

Restano le ferite di Stato, quelle delle industrie che hanno prima speso i soldi pubblici, e poi messo per strada centinaia di lavoratori lasciando le aree degradate e inquinate. Dal Comparto Irev, lo stabilimento della Filati industriali, dismesso negli anni '80, per arrivare al colosso della Snia Fibre e Enichem fibre acriliche. I capannoni tumulati da recinzioni posticce sono un ammasso di ruderi, impregnati di ogni inquinamento, sul quale mai, seriamente, si è intervenuti. Bonifiche tutte parziali e molto spesso di facciata. Con un lascia passare per i colossi di Stato marchiati Eni che grida ancor oggi giustizia. Qualche spazio è stato recuperato ma qui la corsa è al contatore del Gse, quello che elargisce un fiume di denari per la produzione di energia eolica e solare.

Pale e pannelli

Non è un caso che la fabbrica della Scaini, quella delle batterie, sempre del gruppo di Stato petrolifero, sia finita nelle mani dei consumatori a piene mani di incentivi eolici. Milioni di euro di guadagni all'anno con il vento che soffia ad alta quota, la stessa di quelle ciminiere che ancora scrutano imperterrite le distese di pannelli fotovoltaici che occupano praterie immense di terra sottratta all'agricoltura. Sullo stabilimento che produceva batterie per auto si intravvede il reticolato arancione dei lavori in corso d'opera. I cartelli quasi militari invitano a stare alla larga dagli scavi. Si sta cercando, o almeno questo è il motivo dichiarato, l'inquinamento di chi ha abbandonato l'ennesima fabbrica senza pagare il danno ambientale. In realtà l'unico interesse verso quei capannoni infiniti è quello di occupare i tetti per nuove distese di pannelli solari. Ettari ed ettari di silice rivolti verso il sole per produrre incentivi a gogò. Molti di questi stabilimenti resteranno vuoti, del resto con i regali di Stato su eolico e solare si guadagna molto di più. Fiocco, l'uomo degli aerei mai decollati, non lo aveva ancora capito.

Mauro Pili
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