Le carte, quelle ufficiali, sono blindate nei palazzi notarili di mezza Italia. Segreto d'ufficio. Ricostruire la rete d'affari, intrecci, conflitti d'interessi, interessi pubblici diventati privati, è impresa ardua. La morsa letale che ha portato al tracollo del Porto Canale di Cagliari è affare privatissimo. La mappa di società, uomini e donne, eminenze grigie e manager double face, un po' pubblici e molto privati, è un puzzle fatto di percentuali, di incarichi e di lautissime prebende. Chiunque avesse creduto alla bufala del Porto terminal di Giorgino escluso dai traffici commerciali perché non strategico si dovrà ricredere. Gli atti notarili, quelli che cantano la verità, raccontano ben altro. La storia recente del fallimento dell'enclave portuale che costeggia l'antica Santa Igia a Cagliari è un intrigo internazionale fatto di speculazioni, affossamenti studiati nei minimi dettagli nei tempi e nei modi. Ci sono basisti, complici e vittime ignare di tutto. Di certo questo gioco di potere sulla più importante infrastruttura portuale della Sardegna ha gettato per strada non meno di 600 famiglie, legate ad una vera e propria industria portuale. L'hanno fatta morire sotto l'incedere di colpi letali frutto di una concorrenza spietata che nessuno ha voluto arginare. Sono i numeri che lo dicono, gli atti notarili lo certificano.

Niente 1° maggio

È il 10 maggio del 2019. Melzo, cinta metropolitana di Milano, è un sobborgo lombardo circondato da container. La maggior parte sono della Contship, il colosso tedesco che qui, nell'entroterra padano, ha il suo hub strategico per il nord Italia. La via Primo Maggio, anonima strada senza lusso apparente, non ha niente della festa del lavoro. Al numero uno l'ingresso è vigilato da guardie armate. Nel quartier generale di Cecilia e Thomas Eckelmann non si entra, se non si è invitati. Mezzogiorno qui non è di fuoco. La landa è triste e grigia. E, infatti, la coppia d'oro del container, quella che ha in tasca le sorti del Porto Canale di Cagliari, resta a casa, nella fastosa residenza d'Amburgo. Arrivano tutti gli altri. La convocazione è solenne: assemblea generale ordinaria dei soci della prima società del gruppo Contship, "La Spezia Container Terminal".

Un sardo a Melzo

Le facce sono sconosciute ai più anche se qui sono di casa. Tra loro c'è l'eminenza grigia del Consorzio industriale di Cagliari, da sempre direttore dell'ente che ha governato le sorti floride e nel contempo nefaste del porto incavato nel Golfo degli Angeli. In pochi sanno cosa ci faccia Oscar Serci, manager pubblico di Serramanna, sino al 2015 a capo del Casic, il mega consorzio industriale di Cagliari, azionista della società di gestione del terminal container sardo. Il suo curriculum societario brulica di incarichi e ramificazioni di potere da far impallidire il più scafato dei potenti dell'Isola. Non è lì per caso. Lo fanno entrare con l'invito personale e ufficiale della famiglia Eckelmann.

La nomina di Oscar Serci (L'Unione Sarda)
La nomina di Oscar Serci (L'Unione Sarda)
La nomina di Oscar Serci (L'Unione Sarda)

La festa di La Spezia

A Cagliari si soffre, a Melzo, invece, si festeggia. In questa torbida giornata milanese in pochi si spartiscono soldi pesanti, quelli veri. Guadagnati a suon di utili da paura nel porto di La Spezia, il vero core business italiano della Contship. È qui, a due passi da Genova, che si sono concentrate le vere attenzioni del gruppo tedesco. Cagliari, invece, resta da sacrificare, sull'altare del mercato e degli utili a piene mani dei porti di famiglia. Due i punti cruciali all'ordine del giorno della società ligure: approvazione bilancio 2018 e nomina di un nuovo membro del consiglio di amministrazione. La tavola è imbandita come non mai. Il totalizzatore di Thomas e Cecilia per poco non sfonda i 40 milioni di utile, alla faccia della crisi del transhipment raccontata sulle scalette dell'Autorità portuale della Sardegna. Non hanno da fare investimenti a La Spezia. Quel lauto guadagno va ripartito senza troppi preamboli. Portato a casa senza sconti. Il deliberato è chiaro: utili del 2018 per il porto ligure 39 milioni e 578 mila euro. I dividendi per gli azionisti, oltre il 60% è dei coniugi italo tedeschi, sarà di 39 milioni e 480 mila euro, ovvero lasciano nelle casse della società meno di 100 mila euro. Tutto il resto in tasca. La festa, però, non è finita.

Cecilia & Oscar

C'è da accogliere nella famiglia l'ex direttore del Casic, il deus ex machina di Macchiareddu. Cecilia ha scelto Oscar. Serci da Serramanna è il nuovo consigliere di amministrazione niente meno che del "La Spezia Container Terminal Società per azioni", uno dei porti principali della galassia Contship. Un premio inatteso per il manager pubblico diventato negli anni sempre più privato. A Cagliari, invece, si piange. La stessa società che guadagna decine e decine di milioni di euro a La Spezia, dopo aver pianificato con il pizzino del 7 agosto del 2018 la fine del porto canale sardo, assesta il colpo letale ai lavoratori e alle loro famiglie.

Lacrime amare

Tutti a casa. Non è passato nemmeno un mese dalla festa di Melzo che Cecilia Battistello, moglie di Thomas Eckelmann, dichiara finito il Porto Canale di Cagliari. Cessazione delle attività, la definisce davanti ai lavoratori licenziati dall'oggi al domani. Il 18 giugno del 2019 la procedura di licenziamento collettivo è avviata. A settembre, dopo 60 giorni, tutti e duecento lavoratori diretti e gli altri 400 indiretti, resteranno a casa. Sacrificati sull'altare di giochi di potere e strategie speculative d'alto bordo. Cecilia, la lady di ferro, però, non si dimentica delle persone che le sono state più vicine. Ferragosto è lì a ridosso quando Madame Eckelmann riconvoca a Melzo l'Oscar sardo. Questa volta non c'è da pasteggiare ad utili milionari e champagne "Rivus Major" delle Cinque Terre liguri.

Festa per pochi intimi

La festa, però, ci sarà lo stesso. Riservata, per pochi intimi. Lei non ha alcuna intenzione di rovinarsi l'agosto nel grigio deserto della zona industriale di Melzo. Il collegamento per lei è in video conferenza. La convocazione recita: Consiglio di amministrazione della società Porto Industriale di Cagliari, quella che fu la Cict. In pochi devono sapere ma le carte bollate non possono restare segrete a lungo. Presiede la riunione Giuseppe Fumelli, uno degli uomini citati nel pizzino maledetto dell'agosto del 2018. A casa sono rimasti Oscar Serci, già vice presidente della società e Andrea Cervia, uomo chiave nell'operazione di chiusura di Cagliari e di apertura di Tangeri. La conference call è da remoto, nonostante il covid sia ancora lontano. La decisione da assumere è secca.

La ricca scalata

Punto unico: attribuzione cariche sociali, conferimento poteri e soprattutto i guadagni per i nuovi arrivati. La designazione fatta dall'assemblea degli azionisti è duplice: Cecilia Emilia Eckelmann Battistello presidente, Oscar Serci suo vice. Proprio lui, l'ex direttore del consorzio industriale alle pendici di Monte Arcosu, promosso al grado più alto di braccio operativo e diretto della padrona della Contship. Non lo farà per beneficienza. Il consesso, su proposta della Cecilia dei mari, gli assegna la bellezza di 130 mila euro all'anno per una società destinata da lì a poco ad essere liquidata. Mossa ardita ma gradita. Nessun altro ringrazia. La postilla è chiara: nessun compenso viene attribuito agli altri consiglieri. L'ex manager pubblico ci tiene a dimostrare che quel lauto stipendio è meritato. E non perde tempo. Spetta a lui illustrare la proposta di "Cassa Integrazione per Chiusura" avanzata dal Ministero dello Sviluppo economico per tentare di salvare i lavoratori. Il vice di Lady Cecilia, però, si cala subito nel ruolo di uomo d'azienda e boccia l'onerosa proposta ministeriale. I lavoratori non sono in cima ai pensieri del gruppo.

Effetto spezzatino

L'intreccio tra eminenze grigie e società collaterali al Porto Canale non si ferma. Il Cacip, invece, uscito frettolosamente dalla compagine societaria del Terminal sardo il 17 aprile del 2019, ha tergiversato non poco per lasciare la partecipazione del 25% della Feeder and Domestic Service Fds, società privatissima detenuta al 75% dal gruppo Grendi, lo stesso che ha chiesto, e ormai ottenuto, un tratto di banchina di 350 metri all'interno del Porto Canale di Cagliari. Effetto spezzatino che rischia di ridurre ulteriormente l'appetibilità dell'infrastruttura per un player internazionale. A fine anno 2020 il Consorzio industriale, con una tardiva delibera approvata alla vigilia di Natale, in pieno lockdown, ha deciso di cedere alla Grendi la propria quota azionaria e di rinunciare al posto nel Consiglio di amministrazione. Sino al 22 di dicembre, oltre alla famiglia Musso che detiene la maggioranza assoluta della società capofila, sedevano ai vertici della società anche il presidente del Consorzio Industriale, Salvatore Mattana e, non si sa a che titolo, l'onnipresente Oscar Serci. Uscirà Mattana e resterà, probabilmente, Serci.

Gru senza ritorno

Intanto si contano i danni nel Porto Canale. Le gru prima di tutto. Elemento fondamentale nella vita del terminal container. Una storia poco chiara sin dall'inizio. Strutture di proprietà del Consorzio industriale, affittate, insieme alle aree retroporto, alla Contship con un contratto che prevedeva un canone annuo di 324 mila euro. Negli anni l'importo si è di fatto azzerato. E ora quelle gru ciclopiche sono ritornate nelle mani del consorzio pubblico. Peccato che siano inutilizzabili o giù di lì. Sono rimaste per anni senza manutenzione, con incidenti di ogni genere. Pagherà il Cacip, con soldi pubblici. Con tanti silenzi e qualche altro documento che pubblicheremo domani.

Mauro Pili
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