Mezza legislatura condizionata dal virus, una delle stagioni più complicate di sempre tra emergenza salute e devastazione economica. Il faccia a faccia col Covid e le quasi settecento vittime della pandemia hanno aperto ferite dolorose nell'Isola. Poi le polemiche sul passaporto sanitario, il caso discoteche, la situazione estrema negli ospedali: «Ora proviamo a pensare positivo. Il circuito virtuoso tra screening e vaccini potrebbe restituirci un po' di normalità già nei primi mesi del 2021». Giacca blu, gilet rosso, camicia a strisce, l'immancabile mascherina: dal suo studio di Villa Devoto il presidente della Regione Christian Solinas racconta i drammatici dieci mesi nella morsa della pandemia. Ci sono anche il Recovery Fund, la riforma sanitaria, il Piano casa, l'avviso di garanzia, la continuità territoriale, la riorganizzazione della Regione, le tensioni in Consiglio. Sino alla notizia dolorosa della morte dell'assessore ai Lavori pubblici Roberto Frongia: «La Sardegna perde una persona perbene».

Dieci mesi di Covid: sarà un Natale senza festa per tutti i sardi.

«Le norme sono particolarmente aspre, c'è stata la preoccupazione da parte del Governo di intervenire rispetto a quello che sta accadendo nel resto d'Europa. L'umore non è dei migliori, non c'è tanta voglia di far festa, anche per la grave crisi economica».

Com'è la situazione sanitaria attuale nell'Isola?

«I numeri ci stanno dando un ristoro in termini di contagi e di ricoveri. Ma la guardia deve restare alta».

I dati migliorano ma l'emergenza resta.

«Purtroppo c'è un tempo di degenza molto lungo, per cui il numero dei ricoveri scende lentamente. Ogni positivo che ha bisogno di cure e entra in ospedale ci resta per diversi giorni. Si sommano gli ingressi e questi tempi dilatati ci consegnano una quota di ricoveri ancora importante».

Il sistema ospedaliero sta soffrendo.

«Col piano messo a punto e presentato venti giorni fa è stata rafforzata la capacità complessiva dei posti letto, con l'apertura del Binaghi e la riorganizzazione dei reparti un po' in tutta la Sardegna. Il sistema è in grado di fronteggiare la domanda di ricoveri».

Le terapie intensive?

«C'è grande attenzione, sono state potenziate: speriamo di non doverle utilizzare. Per questo vogliamo portare al più presto a compimento il progetto dello screening di massa, che ci consentirà di isolare e controllare più facilmente la diffusione del virus».

Come avverrà lo screening?

«Interesserà un'area omogenea rappresentativa di tutto il territorio regionale, mediante stratificazione per caratteristiche demografiche. Ci saranno screening sequenziali con due differenti tipologie di test antigenici rapidi: in caso di rilevamento di soggetti positivi, saranno abbinati i tamponi molecolari. L'attendibilità del risultato è decisamente elevata. Per fare tutto questo abbiamo avviato una collaborazione scientifica col professor Andrea Crisanti».

È davvero pronto a partire?

«Certamente. Gli ultimi provvedimenti restrittivi del Governo per il periodo delle festività natalizie ci hanno costretto a far slittare di qualche giorno il primo intervento, che comunque partirà nei primi giorni di gennaio in Ogliastra».

Cosa vi aspettate da questo esame generale sui sardi?

«Crediamo fortemente nella campagna di screening Sardi e Sicuri : si tratta prima di tutto di un progetto di sensibilizzazione e di responsabilizzazione dei singoli cittadini e delle comunità. Solo una partecipazione attiva di tutti può consentirci di individuare e circoscrivere la totalità dei positivi sull'intero territorio regionale. La finalità del progetto è giungere per fasi sequenziali a un azzeramento della circolazione virale in un tempo ragionevolmente breve».

Ci saranno località e strutture precise dove isolare i positivi?

«Sì. Stiamo studiando un piano complessivo, territorio per territorio: ci saranno punti di prelievo ben individuati. È fondamentale la condivisione con i sindaci: vogliamo trovare la massima sinergia possibile per isolare il virus».

Lo screening sarà obbligatorio?

«Non possiamo imporlo, ma siamo fiduciosi che ci sarà una partecipazione massiccia da parte della popolazione. Contiamo che prevalga il senso civico di ogni cittadino: è interesse di tutti poter individuare puntualmente i soggetti positivi, così da poter avviare tempestivamente i relativi protocolli».

All'orizzonte c'è il vaccino, domenica arrivano le prime (poche) dosi: come si sta organizzando la Regione?

«Prima di tutto abbiamo acquisito e posizionato i frigoriferi per assicurare il mantenimento della catena del freddo, fondamentale per la protezione delle fiale. Il piano di vaccinazione prevede una priorità discendente: prima il personale sanitario, poi i soggetti a rischio, gli anziani, fino al coinvolgimento generale della popolazione».

Lei si farà vaccinare?

«Quest'anno ho fatto sia il vaccino influenzale che quello antipneumococco. Farò anche il vaccino per il Covid quando arriverà il mio turno, non appena sarà disponibile».

Ci vorrà molto tempo per uscire dall'emergenza?

«Speriamo che l'effetto combinato tra lo screening e le vaccinazioni, nell'arco di quattro-sei mesi, possa dare un risultato efficace per avere nuovamente una Sardegna immune dal virus».

Dietro l'angolo c'è la nuova stagione turistica. Come si eviteranno i problemi dell'estate scorsa?

«Noi contiamo di poter proporre la Sardegna come meta Covid free. Mi auguro che questa volta, facendo tesoro dell'esperienza passata, il Governo ci aiuti e ci assecondi nell'esigenza di controllare in accesso il flusso turistico. In questo modo entrerebbe in Sardegna solo chi certifica la propria negatività al virus».

La Sardegna e Solinas si sono ritrovati a lungo sulla scena mediatica per le discoteche aperte e i contagi estivi.

«Sulle discoteche c'è stata una strumentalizzazione politica e mediatica senza precedenti. Abbiamo tenuto da sempre una linea intransigente sulla lotta al virus: io ho riaperto per meno giorni che nel resto d'Italia. I locali notturni presenti in Sardegna sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli della riviera romagnola o del Salento o della Versilia. In tutta questa vicenda l'Isola è parte lesa».

Perché parte lesa?

«Perché all'inizio della stagione avevamo raggiunto l'azzeramento dei contagi. Quindi il virus non circolava, era impossibile che l'Isola o i locali sardi contagiassero chicchessia. Il virus è tornato perché è stato portato da chi proveniva dall'esterno, da chi ha potuto farlo senza alcun controllo».

Se potesse tornare indietro riaprirebbe ancora la discoteche?

«È sempre difficile valutare le cose con il bagaglio di conoscenze che si hanno il giorno dopo. Sono convinto che fosse giusta la soluzione che io avevo proposto, quella del certificato di negatività: non sono i luoghi che contagiano, sono le persone. Se in Sardegna fossero potute arrivare solo le persone negative, nessuno avrebbe contagiato nessuno».

Ma non sarebbe stato meglio mantenere la linea del rigore?

«C'è stato un approfondito dibattito in Consiglio regionale, sfociato in un ordine del giorno. Alcuni consiglieri regionali avevano dichiarato di avere certezza che molte persone stessero organizzando feste nelle case private e nelle spiagge per sopperire alla chiusura dei locali. Questo avrebbe significato situazioni di assembramento e assenza di controlli».

Si è appena fermata la riforma che cambia l'organizzazione sanitaria nell'Isola.

«In verità la riforma non si ferma. Procede il lavoro di scorporo dall'Ats dei cespiti e delle attività e passività che devono essere ripartite tra l'Ares e le nuove aziende sanitarie locali. Da un punto di vista contabile è certamente più opportuno che queste partano contemporaneamente il primo giorno dell'anno.

Si va al 2022?

«Non essendoci certezze al momento per la contestuale attivazione di tutti i nuovi flussi contabili al primo gennaio 2021, abbiamo ritenuto opportuno posticipare il termine al 2022. In più siamo in attesa che il Governo inserisca in uno dei prossimi vettori legislativi la norma che consentirà di riaprire l'albo nazionale per i direttori generali: così anche le tante professionalità sarde che sono state formate potranno certificare i titoli per essere nominate ai vertici delle nuove aziende».

Perché la riforma è stata avviata durante la pandemia?

«L'iter della riforma sanitaria era partito prima della pandemia. Faceva parte del programma elettorale votato dai sardi e delle mie dichiarazioni programmatiche. Abbiamo semplicemente mantenuto un impegno chiaro e preciso, approvando la legge in tempi molto ragionevoli».

Cosa cambierà nel sistema sanitario sardo?

«La riforma della governance è solo il primo pilastro, ma prevede già un principio fondamentale: la separazione tra l'erogazione della prestazione sanitaria e l'amministrazione degli acquisti, dei concorsi, della formazione professionale. Le aziende territoriali si occuperanno esclusivamente di fornire prestazioni di tipo sanitario, restituendo centralità alle cure dei cittadini e ai tempi di erogazione delle stesse. Le aziende dovranno orientarsi al modello di presa in carico del paziente, oltreché all'azzeramento delle liste d'attesa. Di tutte le altre questioni si occuperà il nuovo soggetto aggregatore Ares».

Questo è l'involucro: serve anche una parte operativa, sempre con un occhio sul virus.

«Si aggiungerà a breve la riforma della medicina territoriale, che rappresenta il punto cardine di un nuovo assetto che sappia affrontare i problemi principali della cronicità e dell'esigenza di un avvicinamento progressivo delle cure ai cittadini. Solo così potremo operare un filtro agli accessi inappropriati verso gli ospedali, che generano il sovraccarico del sistema. Infine, approveremo la nuova rete ospedaliera, che ridefinirà un nuovo equilibrio nella distribuzione dei posti letto e delle specialità nei plessi sanitari».

Ora si andrà avanti col commissario: resterà Massimo Temussi a guidare la macchina della lotta al Covid?

«Ho voluto fortemente un cambio di rotta rispetto alla selezione dei manager, valutando curriculum e capacità. Credo sia abbastanza evidente come in questi mesi ci sia stato un lavoro molto importante: ora la fase pandemica impone una gestione transitoria verso la piena applicazione della riforma. Credo che il dottor Temussi abbia dimostrato competenza e impegno».

Giulio Zasso
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