La sequenza del gabbiano d'acciaio si staglia lungo la via maestra dell'acqua come una sentenza senza appello. L'immagine che il drone restituisce dal cielo è la prova che inchioda. Responsabilità e ritardi, atavico vizio a plasmare la natura ai propri interessi, ignorandone la forza e la devastazione. Il fotogramma è impresso a fuoco su quelle viuzze pendenti che si irradiano come nervi scoperti nel cuore del centro abitato di Bitti. Quell'aggeggio che si inerpica laddove la visuale è riservata solo a stormi ed elicotteri si è levato in volo dieci giorni prima della tragedia che ha funestato per la seconda volta in sette anni la Barbagia del Mont'Albo.

Il volo del drone

Quel volo d'angelo ha immortalato lo stato dei luoghi prima dell'ennesima tragedia, da piazza Asproni, fulcro della vita quotidiana del piccolo paese, alla via Cavallotti, l'arteria sommersa da una montagna di fango e detriti, un tempo alveo naturale di un rio fattosi fiume e poi valanga letale. L'argine estremo del centro abitato a monte si conficca come una lama appuntita proprio dentro quel canalone che dalle pendici dei monti si rivolge verso valle. Lo scatto dal cielo immortala l'innesto del corso d'acqua ostruito e senza alcuna manutenzione, con una vegetazione folta quasi che dopo quel tragico 18 novembre del 2013 si volesse nascondere ogni ferita, compreso l'imbocco di quel maledetto canale tombato che ha cancellato la via dell'acqua e la memoria storica.

2565 giorni di ritardi

Il calendario ha sfogliato 2565 giorni dalla catastrofe di Cleopatra, devastazioni e vittime, ieri come oggi. Tutto, in questi sette anni di sonnolenta attesa, è rimasto come prima. Il 28 novembre dell'anno del Covid 2020 su Bitti non si è abbattuta una tempesta perfetta. Non si è trattato di un fulmine devastante che per la seconda volta travolge un'intera comunità. È qualcosa di più sibillino e subdolo, capace di erodere ogni speranza anche di chi, seppur con titanico impegno, vuole ancora credere nelle istituzioni. Se la sequenza del drone inchioda il cuore del problema, l'agenda del disastro è la prova regina del reato. Sette anni di niente. Non una burocrazia campata per aria, diffusa e inafferrabile nelle responsabilità, che sono, invece, oggettive e messe nero su bianco. C'è un'inchiesta, l'ennesima postuma su disastro colposo che già aveva registrato il mesto film delle ruspe, dei volontari, della devastazione e delle vittime da cercare nel fango. E, come è capitato nel 2013, le sfilate in terra sarda a promettere denari e risposte in tempi certi sono state ancora una volta copiose e nel contempo inutili.

Randellata sulla memoria

La storia di Bitti è incisa come una randellata sulla memoria e sugli atti di palazzo. È il 4 dicembre del 2013. Sono passati appena sedici giorni dal lutto delle 19 vittime di Cleopatra. Il disastro senza precedenti ha sconvolto Bitti e Olbia. Il direttore generale del Ministero dell'Ambiente, Maurizio Pernice, appone la sua firma al decreto che approva l'accordo di programma tra il dicastero e la Regione Sardegna. L'obiettivo è nel titolo: programmazione e finanziamento degli interventi di mitigazione del rischio idraulico nella città di Olbia e nel comune di Bitti. C'è un quadro finanziario enunciato di 87 milioni anche se molte di quelle risorse erano state destinate ad altri progetti. Dopo sei mesi il Parlamento approva una legge omnibus, la 116 del 24 giugno 2014. Il Presidente della Regione da quel momento è commissario straordinario governativo in terra sarda. È delegato con poteri di Stato a gestire progettazione e realizzazione delle opere idrauliche postume alla devastazione.

Dietrofont

Un motivo ci sarà se il 7 dicembre del 2016 la Regione, dopo due anni dal commissariamento e un nulla di fatto evidente, sottoscrive una convenzione direttamente con la società del Ministero dell'Ambiente, la Sogesid Spa. Gli delega tutto e di più. Realizzazione degli interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del dissesto idrogeologico. Nel pacchetto Bitti ci sono gli interventi per Orosei, Posada-Torpè e soprattutto Olbia. Da mettere a correre ci sono 134 milioni di euro. Diciotto milioni sono destinati a Bitti.

Scaricabarile

Sei mesi dopo, è il sei giugno del 2017, si accorgono di essersi dimenticati di affidare a Sogesid il ruolo di Soggetto attuatore e Stazione appaltante. Ovvero il mandato di fare progetti, indagini, validazione della progettazione, direzione lavori sino agli espropri. Nuovo accordo, nuove carte e altro tempo perso. Nel frattempo sono passati tre anni dal disastro e l'alveo dei fiumi continua a minare il cuore del paese. Ad Olbia, intanto, tutto tace, nemmeno un euro sostanziale è stato ancora speso.

Il sussulto di settembre

Per un sussulto bisogna attendere il 3 settembre del 2020. La Sogesid avvia una gara d'appalto europea per la progettazione dell'opera di mitigazione del rischio idrogeologico per Bitti. L'importo è di 2,8 milioni di euro di progetti. I tecnici delle infinite sponde d'Europa avevano tempo sino alle tredici del 26 ottobre scorso per presentare le offerte. Lo avranno pure fatto, ma il silenzio regna sovrano. Nessuno ha vinto, le aggiudicazioni languono. Da valutare c'è l'offerta tecnica e quella economica. Nel frattempo, però, dopo sette anni esatti è venuta giù la montagna. Bitti, per il secondo fulmine alluvionale nello stesso punto in meno di un decennio, è stato nuovamente raso al suolo. A distanza di 84 mesi, però, non esiste uno straccio di progetto. Ogni ipotesi di calcolo, dopo il 28 novembre scorso, è saltata per aria travolgendo ogni seppur minima speranza.

Mosè non è passato

Qualcuno, affezionato alle grandi opere, quelle che vorrebbero imbrigliare acqua e deviare corsi d'acqua parla ancora di questione idraulica. Regimentazione delle acque, come se Mosè si fosse reincarnato alle pendici del Mont'Albo. In realtà l'ordine regionale dei Geologi, con il suo presidente Giancarlo Carboni, è convinto dell'esatto contrario: il tema non è idraulico ma idrogeologico.

Colata detritica

Non è solo l'acqua a incutere timore, il rischio più grave oggi si chiama colata detritica, ovvero la montagna che si riversa a valle. Quei progetti appaltati ora, molto probabilmente, dovranno tener conto di nuovi parametri e nuove valutazioni. La Procura della Repubblica di Nuoro, intanto, sembrerebbe non voler cedere all'ignavia della fatalità. Sette anni di silenzi, di progettazioni mai compiute, di appalti mai eseguiti sono come quel volo sul canale tombato nel cuore di Bitti. Una prova regina per individuare gli agguati alla natura e i ritardi colpevoli nella gestione della cosa pubblica.

Scuse campate per aria

Si potranno mettere insieme tante giustificazioni, alcune plausibili, altre campate per aria, ma di certo nessuna di queste potrà mai giustificare un ritardo di sette anni. Il Pod, il Programma operativo di dettaglio delle attività messo a punto da Sogesid, non indica una data di inizio. Elenca il tempo necessario per le progettazioni e la realizzazione delle opere. Parlano per semestri. Ne indicano 8 per concludere il tutto. Se la matematica non è un'opinione stiamo parlando di almeno altri 4 anni. Le sorti di Bitti traguardano il 2024, come se la fatalità evocata da alcuni e il tempo perso da altri non avessero già segnato a sufficienza la vita di questo paese, dilaniato come non mai da fiumi scomparsi, montagne franate e burocrazia inutile e letale.

Mauro Pili
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