La carta intestata è quella della Deloitte Legal. Carattere bold, quello che si usa per dare un cazzotto in faccia a chi fosse distratto. Una sorta di titolo da prima pagina su carta legale. Sul lato sinistro la bellezza di 56 nomi, un esercito con tanto di qualifica, avvocati e professori. Più che un ricorso in appello al Consiglio di Stato, quello dell'Acquedotto Pugliese, l'Abbanoa della Puglia, è una vera e propria dichiarazione di guerra. L'affare dei fanghi fognari del tacco d'Italia da spedire in Sardegna si trasforma in un attimo da affare privato a pubblico interesse. La contesa non è più tra aspiranti gestori di fogne e scarti ma tra enti e società pubbliche. Non ci sono mezze misure, lo scontro è tra la Regione Puglia e la Regione Sardegna. L'Acquedotto Pugliese, interamente in capo alla Regione, vuole a tutti i costi spedire in terra sarda quella sintesi fognaria fattasi fango putrescente e melma nauseabonda.

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Colpo di scena

Il colpo di scena raggiunge i registri di giustizia nella tarda serata di ieri. La posta elettronica certificata è quella di un colosso dei tribunali. La Deloitte Legal invia il ricorso in appello quando ormai era scontato che mai e poi mai un ente pubblico avrebbe proposto opposizione ad una sentenza chiara e netta del Tar di Bari sull'aggiudicazione della gestione di cotanta fogna concentrata. E, invece, no. I gestori dei reflui fognari dei 4 milioni di pugliesi hanno ben visto di impugnare la sentenza con la quale i giudici del tribunale amministrativo pugliese avevano smontato pezzo per pezzo l'appalto dei fanghi e soprattutto la spedizione in terra sarda. A saltare per aria era stata l'aggiudicazione alla Emmegi Ecologia di Bari, insieme alla Domus di Sassari, per il trasporto e il conferimento di quei fanghi in Sardegna.

Una montagna di puzza

Una montagna di puzza e fogna per 50.000 tonnellate di rifiuti da sotterrare in discarica, quella della Siged di Sassari, e alla Geco di Magomadas. Una partita che sembrava chiusa sotto il profilo amministrativo visto che i giudici avevano messo nero su bianco argomentazioni inappellabili, a partire dal richiamo esplicito a dichiarazioni mendaci, false e omissive, rispetto ai siti di smaltimento dichiarati per quella carovana di putrida essenza fognaria. Il Tribunale pugliese era stato esplicito, in punta di diritto e nella sostanza della questione. All'atto della partecipazione alla "gara" la Emmegi Ecologia di Bari, intermediaria dell'operazione, aveva depositato certificazioni della "socia", quella sarda, la Domus srl della famiglia Patteri. Documenti agli atti con i quali si dichiarava di disporre sia della discarica di Barrabò del Consorzio provinciale di Sassari che degli impianti di Magomadas. Nonostante la complessità del trasporto dalla Puglia in Sardegna i due intermediari avevano proposto il prezzo più basso in assoluto, aggiudicandosi quella caterva di fanghi. Si erano, però, dimenticati di scrivere alcuni dettagli non esattamente irrilevanti ai fini della partecipazione alla gara.

Inchiesta Unione Sarda

A seguito dell'inchiesta del nostro giornale il Consorzio industriale di Sassari con una lettera inviata a L'Unione Sarda aveva smentito categoricamente la disponibilità ad accogliere quei fanghi. A precludere gli impianti di Magomadas ci aveva pensato direttamente la Procura di Oristano apponendo i sigilli del sequestro a quell'erogatore di puzza a due passi dai paesi della Planargia. Tutti documenti inchiodanti che hanno portato il Tar di Bari ad escludere dalla gara i signori della Emmegi e conseguentemente i soci sardi dell'operazione. L'ente pubblico pugliese, in seguito alla decisione dei giudici, avrebbe persino dovuto segnalare all'Autorità garante per l'anticorruzione le eventuali rilevanze penali, visto che nella sentenza erano state rilevate dichiarazioni di gara palesemente false. L'Acquedotto Pugliese, che non era stato ritenuto colpevole della gestione dell'affidamento ha, invece, deciso di scendere in campo in prima persona per difendere di fatto l'aggiudicazione delle prime 50 mila tonnellate di fanghi fognari ai signori della Emmegi e della Domus. In sostanza, la più potente delle società pubbliche pugliesi, quella che gestisce acqua e fogne per conto della Regione, vuole che quei fanghi vengano inviati in Sardegna. Si spiega solo così la chiamata alle armi di un esercito di legali capitanati da Giovanni D'Innella e Francesco Paolo Bello. Non toghe a caso visto che D'Innella ha anche presieduto l'Ordine degli avvocati di Bari e ricoperto la carica di consigliere del Consiglio nazionale forense. Un ricorso tutto fondato su un dettaglio: secondo i legali la disponibilità del sito di conferimento delle fogne trasformate in fango non doveva essere un «requisito per la partecipazione» ma da esigere solo prima dell'«esecuzione» dell'appalto. Peccato che a chiedere tale disponibilità preventiva in fase di partecipazione sia stato esplicitamente proprio l'Acquedotto Pugliese che, in tal senso, pretendeva anche apposite dichiarazioni di disponibilità dei siti. L'appello presentato dalla cavalleria legale ignora anche l'aspetto delle dichiarazioni mendaci o omissive fornite dalle parti concorrenti e soprattutto considera secondaria la destinazione dei rifiuti, da valutare solo ad appalto assegnato.

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Il tracciato dei viaggi

Le norme in materia ambientale e l'evoluzione legislativa in questi ultimi anni hanno, però, seguito un principio opposto: ogni passaggio, ogni metro percorso dai rifiuti, deve essere pianificato e verificato preventivamente. Asserire, come fa la società pubblica pugliese, che tale elemento sia marginale riapre una ferita rilevante nella gestione di questi fanghi. Nell'ultima delibera di aggiudicazione di quel trasferimento di fanghi in Sardegna all'Emmegi Ecologia, che pubblichiamo, insieme alla valanga di denari per pagare il servizio, venivano illustrati i motivi dell'invio nell'Isola di quei metri cubi infiniti di miasmi ceduti a caro prezzo. Roba da far accapponare la pelle se si pensa che la Puglia dal 2015 vive perennemente questa "emergenza" ordinaria.

In Puglia No

E' il 20 marzo del 2015 quando gli impianti di compostaggio di proprietà della Regione Puglia vengono sequestrati dalla Procura. Ne consegue il blocco del riutilizzo di quei fanghi in agricoltura per gli impianti delle Province di Lecce, Taranto, Brindisi, Bari e Bat. Vengono vietati anche i conferimenti in discarica perché quei fanghi che vogliono mandare in Sardegna non hanno le caratteristiche di continuità chimico fisica per essere interrati. Il colpo di grazia arriva quando il Tar Lombardia impone il divieto a smaltire quella robaccia in aperta campagna. Partita chiusa.

In Sardegna Sì

Per l'Acquedotto Pugliese non resta che la Sardegna. Incuranti delle decisioni del Tar Sardegna e del Consiglio di Stato che hanno imposto il divieto assoluto di trasferimento nella terra dei Nuraghi di quel composto nauseabondo, i vertici della società pugliese, espressione della Regione Puglia, hanno ben visto di dichiarare guerra alla Sardegna tentando di far riammettere gli intermediari di quei viaggi di fogna da Bari e dintorni verso Sassari e Magomadas. L'ennesimo capitolo di una saga infinita di affari e interessi che ruotano intorno alle fogne pugliesi. Resta da capire le ragioni vere di questo atto di guerra verso la Sardegna. Non sarà facile spiegare il motivo per il quale una società pubblica, l'Acquedotto Pugliese, si rivolge al Consiglio di Stato per tentare di far riammettere le due privatissime società dedite a questo incredibile ponte fognario tra la Puglia e la Sardegna. I fanghi fognari della terra dei Trulli continuano a dispensare miasmi e interrogativi. L'Isola dei Nuraghi, intanto, ha già dichiarato il suo territorio off limits.

Mauro Pili

LA REPLICA DI ACQUEDOTTO PUGLIESE - L'articolo pubblicato da "L'Unione Sarda", "Fanghi, la Puglia vuole mandarli in Sardegna", contiene una serie di inesattezze in merito al ricorso in appello presentato da Acquedotto Pugliese contro la sentenza del Tar Puglia sull'affidamento del servizio di prelievo e conferimento dei fanghi della depurazione.

Va rilevato, innanzitutto, che la testata confonde due vicende differenti, indipendenti l'una dall'altra.

La prima riguarda, infatti, il conferimento in passato presso la Regione Sardegna dei fanghi di depurazione della Regione Puglia, su cui è in corso un'indagine della magistratura da cui Acquedotto Pugliese è escluso.

L'altra si riferisce, invece, al giudizio definito in primo grado dal Tar Puglia, avente per oggetto la gara di appalto nell'ambito della quale il fornitore poteva proporre, nel corso dell'esecuzione del contratto, qualunque impianto di recupero/smaltimento finale sul territorio nazionale, purché autorizzato ai sensi delle norme nazionali e locali. Nel caso specifico, l'indicazione di un impianto sito nella Regione Sardegna è stata una scelta autonoma dell'intermediario (la società Domus) del concorrente (Emmegi).

Premesso, quindi, che l'impugnazione riguarda un solo punto della sentenza del Tar Puglia, l'interesse esclusivo dell'AQP è garantire il servizio di allontanamento dei fanghi di depurazione, nel pieno e rigoroso rispetto delle disposizioni di gara che, nel caso in questione, fanno riferimento espressamente alla dichiarazione di disponibilità degli impianti di depurazione come requisito "ai fini dell'esecuzione…" e non "di partecipazione", come indicato nella sentenza impugnata. Acquedotto Pugliese non ha alcun interesse a smaltire i fanghi di depurazione in una specifica Regione e, in particolare, in Sardegna.

L'appello al Consiglio di Stato è finalizzato, dunque, a chiarire in maniera definitiva se si è in presenza di "requisiti ai fini dell'esecuzione" (come AQP sostiene) ovvero di "requisiti ai fini della partecipazione".

L'affermazione riportata nell'articolo secondo cui l'Acquedotto Pugliese sarebbe sceso in campo "per difendere di fatto l'aggiudicazione delle prime 50 mila tonnellate dì fanghi fognari ai signori della

Emmegi e della Domus" col fine "che quei fanghi vengano inviati in Sardegna" appare, pertanto, del tutto arbitraria e fuorviante.
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