Chiede perdono ancora una volta, quando l'udienza è ormai conclusa, pur sapendo che i parenti della vittima non glielo concederanno "mai". Poi si rivolge alla Corte e spiega di sperare, un giorno, di "poter vedere il sole, le stelle e i miei nipoti".

Eugenio Corona sa di rischiare l'ergastolo e nella nuova udienza del processo per l'omicidio di Adolfo Musini (massacrato da decine di coltellate la notte tra il 30 e il 31 maggio 2019 nel suo appartamento in piazza Valsassina, a Cagliari), ma giura di non aver mai fatto male "a nessuno". Assumeva abitualmente droga ma in quella casa "non ero io". Non ragionava, colpa di una "delusione di amore".

Così ha riferito l'imputato oggi in un'udienza incentrata in realtà sulle relazioni del perito e dei consulenti di parte sulle condizioni mentali del 42enne di San Michele, il vero nocciolo della questione.

Irene Mascia e Antonio Canu, nominati dai giudici e dai legali di parte civile Mauro Massa, Barbara Maganuco e Ivo Loi, hanno concluso sostenendo che l'omicida sia affetto da un ritardo mentale e da una disabilità intellettiva lievi non sufficienti a incidere sulla sua capacità di intendere e volere.

Viceversa Giuseppe Ferri, psichiatra incaricato dall'avvocato difensore Teresa Camoglio, ha sostenuto che l'imputato, affetto da quattro patologie, aveva un ritardo mentale moderato e un disturbo bipolare che ne avevano scemato "grandemente" le capacità cognitive.

Il 18 gennaio potrebbe discutere il pubblico ministero.
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